Fatture per operazioni inesistenti: tutelata la buona fede del contribuente

Pubblicato il 23 agosto 2021

Indebita detrazione di fatture relative a operazioni soggettivamente inesistenti: la Cassazione sul riparto dell’onere probatorio.

Nei casi in cui, in tema di Iva, l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l'indebita detrazione di fatture relative a operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell'Ufficio finanziario provare, anche in via indiziaria, non solo l'oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta.

Ciò, nell'esigenza di tutelare la buona fede del contribuente, anche in applicazione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione.

Iva deducibile se il destinatario non ha consapevolezza della frode

In particolare, la prova della consapevolezza dell'evasione richiede che l'Amministrazione dimostri, in base a elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l'ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l'operazione si inseriva in una evasione fiscale.

In tale contesto, incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un'evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.

Non assume rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.

Sono i principi sull'onere probatorio affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di Iva e di fatturazione per operazioni soggettivamente inesistenti, per come richiamati dalla Corte di cassazione nel testo dell’ordinanza n. 22969 del 17 agosto 2021.

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