In vista della scadenza del 12 dicembre 2024 per l'adesione al Concordato Preventivo Biennale (CPB), riservato ai soggetti ISA, lo strumento continua a suscitare critiche e polemiche. L’Agenzia delle Entrate ha recentemente inviato 700 mila lettere di compliance a titolari di partite IVA, segnalando presunte anomalie nei redditi dichiarati rispetto ai minimi settoriali e suggerendo di integrare le dichiarazioni per il 2023 o di aderire al CPB per il biennio 2024-2025.
Questo invio rappresenta il secondo round di lettere di compliance, effettuato a pochi giorni di distanza dalla precedente campagna massiva, che aveva coinvolto oltre 2 milioni di soggetti ISA. Entrambe le iniziative mirano a incentivare l’adesione al CPB entro la scadenza prorogata.
Tuttavia, il metodo utilizzato e il contenuto delle comunicazioni hanno acceso un vivace dibattito. L’invio massivo ha generato preoccupazioni tra contribuenti e professionisti, attirando critiche da associazioni di categoria e da alcuni esponenti della maggioranza.
Le principali contestazioni riguardano l’adozione di parametri di reddito minimo settoriale, considerati inadeguati per rispecchiare le specificità economiche delle partite IVA, e percepiti come potenzialmente intimidatori. Nonostante le rassicurazioni del viceministro dell’Economia Maurizio Leo, che ha sottolineato la natura puramente informativa delle lettere, molti continuano a interpretarle come una pressione indebita, aggravata dal contesto economico incerto e dalla scarsa adesione al concordato preventivo registrata finora.
Ma, vediamo con ordine come sono andati i fatti.
Recentemente sono state inviate oltre 700 mila lettere di compliance da parte dell’Agenzia delle Entrate, con lo scopo dichiarato di incentivare l’adesione al Concordato Preventivo Biennale (CPB) 2024-2025, la cui scadenza è fissata al 12 dicembre 2024.
Le comunicazioni, inviate tramite PEC ai soggetti ISA, hanno evidenziato presunte anomalie reddituali riscontrate nelle dichiarazioni fiscali del Modello Redditi 2024.
In particolare, le lettere sono state indirizzate prevalentemente ai titolari di partite IVA sottoposti agli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA), con l’obiettivo di segnalare redditi dichiarati per l’anno 2023 inferiori ai cosiddetti “minimi settoriali,” ossia i valori medi di reddito riferiti a professionisti e imprese operanti nei rispettivi settori economici.
L’obiettivo dell’Agenzia era duplice:
La strategia alla base dell’invio delle nuove lettere, concepita per favorire un approccio collaborativo e trasparente tra Fisco e contribuenti, mirava in realtà a incrementare il gettito fiscale, sfruttando i dati a disposizione dell’Amministrazione finanziaria per individuare e correggere eventuali discrepanze. Tuttavia, questo metodo, basato sulla segnalazione di anomalie reddituali, è stato percepito da molte partite IVA e professionisti come eccessivamente invasivo e intimidatorio, piuttosto che come un reale incentivo alla collaborazione.
Le nuove comunicazioni, pur presentate come uno strumento per ridurre l’evasione fiscale e promuovere la trasparenza, hanno sollevato critiche per il loro impatto psicologico e operativo sui destinatari. Molti contribuenti le hanno interpretate come una pressione indebita, capace di alimentare confusione e preoccupazione, piuttosto che come un’opportunità per instaurare un dialogo costruttivo con l’Amministrazione finanziaria.
Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha giustificato l’invio delle lettere di compliance sottolineando che l’intento principale dell’iniziativa è di natura collaborativa, e non intimidatoria. Leo ha ribadito che l’obiettivo delle comunicazioni è promuovere un rapporto trasparente e costruttivo tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti, in linea con la nuova logica del Fisco introdotta dalla riforma fiscale. Ha, inoltre, precisato che le lettere hanno un valore puramente informativo e non rappresentano un preludio a controlli automatici o accertamenti.
Questa nuova strategia, ha spiegato il Viceministro, mira a ridurre i conflitti ex post tra contribuenti e Fisco, favorendo invece la prevenzione e il dialogo per evitare futuri contenziosi.
Le lettere di compliance inviate dall’Agenzia delle Entrate hanno sollevato numerose critiche, sia sul contenuto che sul metodo di comunicazione. Sono state definite prive di reale contenuto tecnico-informativo, generando timori e confusione tra i destinatari. Particolarmente contestato è stato il confronto tra i redditi dichiarati da lavoratori autonomi e imprese e quelli dei lavoratori dipendenti nello stesso settore, ritenuto inadeguato e incapace di tenere conto delle specificità economiche del 2023.
Inoltre, molti hanno interpretato le lettere come un tentativo implicito di fare pressione per favorire l’adesione al Concordato Preventivo Biennale, giudicato da più parti inefficace. Non sono mancati errori nell’individuazione dei destinatari, con l’invio di comunicazioni a soggetti esenti da tale obbligo, generando ulteriori polemiche.
I professionisti, in particolare i commercialisti, hanno espresso forti critiche, sottolineando come queste comunicazioni abbiano comportato un aggravio di lavoro spesso di basso valore aggiunto e difficilmente remunerabile. Le reazioni non si sono fatte attendere: sindacati e associazioni di categoria hanno richiesto un dialogo più costruttivo con l’Amministrazione finanziaria, con l’obiettivo di migliorare il rapporto tra Fisco e contribuenti.
Le lettere di compliance inviate dall’Agenzia delle Entrate hanno suscitato reazioni contrastanti anche all’interno della maggioranza di Governo. La Lega, in particolare, ha espresso una forte critica, ritenendo che queste comunicazioni snaturino il principio originale dello strumento, concepito per favorire un rapporto di lealtà tra contribuenti ed erario. Secondo il Dipartimento Economia del partito, il metodo adottato dall’Agenzia appare eccessivamente intrusivo e non in linea con l’obiettivo dichiarato di instaurare un “fisco amico.”
Le polemiche si sono amplificate con la denuncia di errori nelle lettere inviate: alcuni contribuenti, infatti, hanno segnalato di aver ricevuto comunicazioni nonostante avessero già dichiarato correttamente i propri redditi. Questi episodi, insieme alla percezione di un messaggio intimidatorio più che collaborativo, hanno alimentato la sfiducia verso il Concordato Preventivo Biennale.
La Lega ha ribadito la sua contrarietà a un utilizzo dello strumento che rischia di aggiungere pressione anziché favorire l’adesione spontanea. Parallelamente, ha rinnovato il suo impegno per misure alternative richieste dai cittadini, come la "rottamazione quinquies", cercando di proporre emendamenti più vicini alle esigenze dei contribuenti, nonostante i limiti imposti nelle recenti manovre.
Anche il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha criticato l’approccio dell’Agenzia delle Entrate, ritenendolo dannoso per il rapporto di fiducia tra Fisco e contribuenti, e ha proposto misure alternative più efficaci, come la "rottamazione a lungo termine", che in passato hanno dimostrato maggiore efficacia nel facilitare la regolarizzazione fiscale, rispetto al Concordato Preventivo Biennale.
Con tre risposte pubblicate sul proprio sito, l’Agenzia delle Entrate ha cercato di chiarire alcuni punti cruciali riguardanti le comunicazioni di anomalia inviate alle partite IVA, al fine di ridurre il clima di incertezza generato negli ultimi giorni.
Le FAQ affrontano aspetti generali, senza menzionare esplicitamente il collegamento con la scadenza del 12 dicembre 2024 per l’adesione al CPB. Tuttavia, è evidente che le comunicazioni puntano, tra le altre cose, a incentivare l’adesione a tale istituto e al ravvedimento speciale per gli anni dal 2018 al 2022.
In particolare, i punti principali chiariti dall’Agenzia sono i seguenti:
Con l’avvicinarsi della scadenza del 12 dicembre 2024, rimane da vedere se le adesioni al Concordato Preventivo Biennale raggiungeranno gli obiettivi prefissati dal Governo. Tuttavia, le polemiche sollevate, sia sul metodo di comunicazione che sull’efficacia dello strumento, indicano che un miglioramento del rapporto tra Fisco e contribuenti resta una sfida aperta, con implicazioni rilevanti per la credibilità del sistema fiscale italiano.
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