Di fronte ad un’imputazione per concorso in bancarotta fraudolenta, la responsabilità dei sindaci non può essere desunta solamente in considerazione della loro posizione di garanzia e dal mancato esercizio dei relativi doveri di controllo.
Perché possa essere riconosciuta la loro penale responsabilità, occorre che esistano elementi sintomatici della partecipazione dei sindaci stessi all’attività degli amministratori ovvero dell’effettiva incidenza causale dell’omesso esercizio dei doveri di controllo rispetto alla commissione del reato.
La Corte di cassazione, con sentenza n. 20867 del 26 maggio 2021, ha annullato una sentenza con cui tre componenti del collegio sindacale di una società - sottoposta a commissariamento governativo, quindi a liquidazione coatta e, infine, posta in stato di insolvenza - erano stati condannati per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale.
Quanto agli effetti penali, la Suprema corte ha cassato la decisione impugnata, senza rinvio, riconoscendo che i reati in contestazione erano estinti per prescrizione, essendo trascorso il tempo massimo previsto dal legislatore, tenuto anche conto dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità nonché dei periodi di sospensione dei termini di prescrizione.
Agli effetti civili, invece, è stato invece disposto l’annullamento della decisione, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
La declaratoria di prescrizione, infatti, non esimeva il Collegio dall’esaminare i ricorsi agli effetti civili, quanto alle ragioni che attenevano specificamente alla responsabilità dei ricorrenti di fronte alle persone offese, costituite parti civili.
Su tale fronte, l’annullamento con rinvio è stato disposto in quanto, secondo gli Ermellini, nonostante la correttezza teorica dell’impostazione adottata dalla Corte d’appello quanto al rilievo di fattori di allarme per i sindaci, rimasti sostanzialmente inerti in presenza di alcuni elementi indicatori di dissesto, la sentenza impugnata mostrava incompiutezza e carenza argomentativa rispetto ad alcune delle doglianze sollevate dagli imputati, relative al riconoscimento della loro responsabilità penale.
Era pertanto necessario rivalutare nuovamente gli esiti di accertamento ai quali si era pervenuti nel corso del processo di cognizione.
In tale contesto, la Corte ha ribadito come, nei reati di bancarotta, il concorso dei componenti del collegio sindacale nei reati commessi dall’amministratore della società può realizzarsi anche attraverso un comportamento omissivo del controllo sindacale.
Il predetto controllo, infatti, non può e non deve esaurirsi in una mera verifica formale o in un riscontro contabile della documentazione messa a disposizione degli amministratori, ma deve ricomprendere il riscontro tra la realtà e la sua rappresentazione, ovvero estendersi al contenuto della gestione sociale.
Si tratta di una responsabilità per omissione che trova le sue radici nelle disposizioni degli artt. 2403 c.c. e seguenti.
Ciò premesso, gli Ermellini hanno richiamato una pronuncia di legittimità (Cass. n. 26399/2014) che ha contribuito a ricostruire lo statuto di responsabilità penale dei sindaci per concorso nei reati di bancarotta commessi dagli amministratori.
In tale decisione, è stato sottolineato che la responsabilità dei sindaci sussiste solo qualora emergano puntuali elementi sintomatici, dotati del necessario spessore indiziario, in forza dei quali l’omissione del potere di controllo – e, pertanto, l’inadempimento dei poteri doveri di vigilanza il cui esercizio sarebbe valso a impedire le condotte distrattive degli amministratori – esorbiti dalla dimensione meramente colposa per assurgere ad elemento dimostrativo di dolosa partecipazione, sia pure a titolo di dolo eventuale, per consapevole volontà di agire anche a costo di far derivare dall’omesso controllo la commissione di illiceità da parte degli amministratori.
Nel caso esaminato, tuttavia, i giudici di gravame non avevano fornito spiegazioni adeguate sull’aspetto di attribuzione della responsabilità per omissione ai sindaci, essendo gli stessi incorsi nell’errore motivazionale di far derivare la responsabilità dei ricorrenti solo in considerazione della loro posizione di garanzia.
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