Con sentenza n. 40446 del 4 ottobre 2023, la Corte di cassazione si è pronunciata sul ricorso promosso dall'amministratore di una Srl, dichiarata fallita, ai fini dell'impugnazione della sentenza di appello che lo aveva dichiarato responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale.
L'imputato si era rivolto alla Suprema corte, lamentando, tra i motivi, alcuni vizi rinvenibili nella decisione impugnata per quel che concerne l'elemento soggettivo del reato oggetto di addebito, fattispecie che, secondo la sua difesa, avrebbe richiesto il dolo specifico, non quello generico come erroneamente ritenuto dai giudici di merito.
La Quinta sezione penale della Cassazione ha giudicato fondati i predetti rilievi, dopo aver rammentato quali siano gli elementi costitutivi delle due fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale di cui all'art. 216, comma primo, n. 2, Legge Fall., vale a dire la bancarotta documentale specifica e quella generale, reati che - ricorda la Corte - si trovano in rapporto di alternatività tra loro.
La prima fattispecie c.d. "specifica", in particolare, consiste nella sottrazione o distruzione o falsificazione - totale o parziale - dei libri e delle altre scritture contabili.
Essa richiede il dolo specifico consistente nello scopo di arrecare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.
La seconda fattispecie c.d. "generale" si configura in caso di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita.
Tale ipotesi, a differenza della prima, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi fallimentari e si realizza attraverso una falsità ideologica contestuale alla tenuta della contabilità, ossia mediante l'annotazione originaria di dati oggettivamente falsi o l'omessa annotazione di dati veri, realizzata con le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice.
Per questa seconda fattispecie è richiesto il dolo generico.
A questo punto il Collegio di legittimità si è focalizzato sull'ipotesi della "falsificazione" che, in apparenza, sembrerebbe connotare entrambe le fattispecie.
Sul punto, ha rammentato l'indirizzo ormai consolidato con cui la giurisprudenza di legittimità ha tracciato una precisa linea di demarcazione:
Da quanto esposto, l'annotazione originaria di dati oggettivamente falsi nella contabilità ovvero l'omessa annotazione di dati veri, integra sempre e comunque la seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale.
Nella vicenda esaminata, la Corte di appello aveva ritenuto sussistente l'elemento materiale della fattispecie c.d. "specifica", in quanto aveva fatto riferimento all'omessa tenuta dei libri obbligatori e alla "distruzione" delle scritture e del libro giornale relativi ad alcuni anni, mai consegnati al curatore.
Da tale condotta i giudici di merito avevano concluso che fosse derivata l'impossibilità, per il curatore fallimentare, di ricostruire il movimento degli affari e il patrimonio della società.
Sotto il profilo dell'elemento soggettivo, però, avevano ritenuto che il dolo richiesto fosse un dolo solo generico.
Così opinando, tuttavia, non avevano colto la struttura di norma mista alternativa della disposizione incriminatrice ed avevano operato una "fusione" tra le due fattispecie previste dalla medesima, trasformando la seconda in una sorta di evento della condotta oggetto della prima nonché, soprattutto, sostituendo il dolo generico richiesto per la sussistenza dell'una a quello specifico invece necessario al perfezionamento dell'altra.
Ne discendeva il necessario annullamento, con rinvio, della sentenza impugnata.
Sulla stessa linea altra recente decisione della Cassazione - n. 38747 del 22 settembre 2023 - nella quale è stato puntualizzato che il dolo richiesto per la sussistenza del reato di bancarotta c.d. specifica, non è quello generico, sufficiente a supportare la condotta di tenuta fraudolenta, bensì quello specifico che caratterizza il falso contabile per soppressione.
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