E’ possibile che gli ex coniugi stringano un accordo transattivo sulle attribuzioni patrimoniali, modificativo del provvedimento giudiziale disposto in sede di separazione o divorzio.
In dette ipotesi, non si producono effetti vincolanti tra le parti solo laddove l’intesa contenga clausole chiaramente lesive degli interessi dei beneficiari dell’assegno di mantenimento oppure condizioni contrarie all’ordine pubblico.
Ciò posto, non può dirsi configurabile il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare qualora la parte si sia attenuta agli impegni assunti con l’ex coniuge mediante l'accordo, anche se questo non sia stato omologato.
Lo ha precisato la Corte di cassazione con sentenza n. 5236 del 7 febbraio 2020, pronunciata nell’ambito di un procedimento penale in cui, nel merito, un ex coniuge era stato condannato per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Nella specie, il ricorrente aveva versato alla ex moglie un importo quasi pari a quello che insieme avevano stabilito negozialmente, per tramite di un’intesa con cui avevano ridotto l’assegno di mantenimento originariamente fissato dall’autorità giudiziaria.
I giudici di merito avevano comunque concluso per la condanna dell’imputato asserendo che l’accordo transattivo in oggetto fosse irrilevante in quanto non era stato recepito in alcun provvedimento giudiziale.
Diverse le conclusioni della Sesta sezione penale della Cassazione, per la quale non era determinante il fatto che l’accordo non fosse omologato.
Per la Corte, infatti, l'accordo transattivo produce effetti obbligatori per le parti, anche prima e indipendentemente dal fatto che il suo contenuto sia stato recepito in un provvedimento dell’autorità giudiziaria.
Nel caso in esame, il fatto che l’ex marito si era comunque attenuto all’accordo portava ad escludere la sussistenza del dolo richiesto dalla norma incriminatrice.
La decisione di merito, in definitiva, è stata annullata senza rinvio, con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.
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