Visite negate Italia condannata

Pubblicato il 29 giugno 2016

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato lo Stato italiano per non aver permesso ad un padre, per ben otto anni, di ripristinare il rapporto con la figlia.

E ciò, nonostante le sentenze delle autorità nazionali avessero dato ragione all'uomo e riconosciuto il suo diritto di avere rapporti con la figlia, assolvendolo da tutte le accuse mosse nei suoi confronti dalla ex moglie, di aver abusato della minore.

Il padre si era dunque rivolto a Strasburgo, denunciando come le misure poste in essere dai Tribunali italiani – pur dalla sua parte - non avessero avuto alcun seguito, avendo la ex moglie frapposto continui ostatoli all'effettivo diritto di visita alla bambina. Sicché le autorità interne, mediante la loro inerzia, non avevano fatto altro che protrarre consolidare la gravità della situazione.

Stato non assicura diritto di visita Convenzione violata

La Corte europea, in proposto, osserva come nell'ambito dei legami familiari, il trascorrere del tempo senza che il genitore riesca ad avere contatti con il figlio, determini conseguenze senz'altro irreparabili.

Pertanto – conclude la Corte con sentenza del 23 giugno 2016 - nel non riuscire a garantire misure adeguate, volte a superare l’ostilità della madre e ad assicurare le visite del padre alla bambina, l’Italia ha nella specie violato l’articolo 8 della Convenzione che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare, con conseguente condanna al pagamento di una somma di denaro. 

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