Il Notariato ha diffuso un nuovo studio, il n. 193-2017/C (approvato dal Gruppo di studio sulle Esecuzioni Immobiliari e delle Attività Delegate il 3 luglio 2017), dedicato al tema “La vendita fallimentare riformata”.
L’articolato si sofferma sulla recente riforma della fase liquidativa delle procedure endoconcorsuali, introdotta con la Legge n. 132/2015, riforma che ha, di fatto, avvicinato la disciplina prevista per le vendite concorsuali a quelle concernenti le esecuzioni individuali.
Ciò, per quel che riguarda il pagamento rateale, il possesso anticipato del bene previo deposito di fideiussione bancaria, il pagamento rateale, il mutamento di prospettiva riguardo alla pubblicità (con privilegio per quella telematica rispetto a quella cartacea), l’introduzione del “market place” nazionale; dette misure di avvicinamento - spiegano i notai - sono state “cristallizzate dal legislatore” dopo essere state utilizzate, già precedentemente alla riforma, da alcuni tribunali definiti “virtuosi”.
In primo luogo, lo studio fornisce una disamina relativa alle precedenti riforme della legge fallimentare di cui al Decreto legislativo n. 5/2006 e al Decreto legislativo n. 169/2007, nonché, in particolare, all’introdotto principio di competitività nelle vendite concorsuali.
A seguire, l’elaborato si occupa direttamente della riforma del primo comma dell’articolo 107 della Legge fallimentare, per come introdotta nel 2015.
Secondo gli scriventi notai, la scelta del legislatore di enunciare il principio della competitività delle vendite, e di non regolamentare analiticamente il procedimento di vendita, mirerebbe a consentire all’operatore di avere tutti gli strumenti idonei per ottimizzare “il momento alienativo dei beni del fallito”.
Il curatore, dunque, nel rispetto delle regole base della vendita, avrebbe la possibilità di adeguare il disciplinare di cessione alle esigenze contingenti della singola vendita competitiva e, quindi, prevedere, esemplificativamente, una rateizzazione per un periodo anche superiore a quello previsto dalla norma, con l’unico limite del principio di economia processuale e del giusto processo enunciati nell’art. 111 della Costituzione.
Il richiamo al principio di compatibilità – viene inoltre evidenziato - “dovrebbe poter risolvere in modo risolutivo tutti gli eventuali dubbi su una applicazione non strettamente letterale delle norme richiamate dal riformato art. 107 l.f. e quindi le potenziali discrasie evidenziate in precedenza”.
Lo studio è stato diffuso, il 22 novembre 2017, sul sito istituzionale del Notariato.
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