Il D.Lgs. n. 5/2017 – che adegua le disposizioni dell'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, alla Legge n. 76/2016, c.d. Cirinnà – non prevede il doppio cognome a seguito delle unioni civili, come invece la riforma cui va a dare attuazione. Risulta pertanto a rischio di giudizio di incostituzionalità.
Sulla base di ciò, il Tribunale di Lecco, con due provvedimenti resi ex art. 700 c.p.c., rispettivamente il 9 marzo ed il 4 aprile 2017, ha ordinato all'Ufficiale dello Stato civile del Comune di Lecco, di astenersi dall'annullare l’annotazione anagrafica del doppio cognome scelto da due donne, in luogo del loro personale precedente, a seguito di unione civile tra di esse (poi attribuito anche alla figlia minore di una di loro).
Dunque, sì al doppio cognome, anche se il recente Decreto attuativo della Legge Cirinnà non lo prevede. Il tutto, in attesa che la Corte costituzionale si pronunci sul caso.
Gli effetti prodotti dall'avvicendamento di norme sul punto – si legge nei provvedimenti in questione - non devono essere incompatibili con la imprescindibile esigenza di tutela dei diritti fondamentali della persona umana. Ed è pur vero che il cognome di una persona (così come il nome) è un elemento costitutivo della sua identità personale, della sua dignità e della sua vita privata, la cui tutela è garantita non solo dalle norme del nostro ordinamento, ma anche dalle norme sovranazionali.
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