La Corte di cassazione è intervenuta a fornire precisazioni in merito alla norma di cui all’art. 2955 n. 2 c.c.ai sensi della quale il diritto dei prestatori di lavoro, per le retribuzioni corrisposte a periodi non superiori al mese, si prescrive in un anno.
La previsione in esame - si legge nel testo dell'ordinanza della Suprema corte n. 19649 dell’11 luglio 2023 - fa riferimento alle sole retribuzioni corrisposte a periodi non superiori al mese non anche, quindi, al diritto del prestatore di lavoro a somme, come l’indennità sostitutiva delle ferie, che matura di anno in anno.
Queste ultime, come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, al pari delle somme dovute a titolo di tredicesima e quattordicesima, sono assoggettate, quali retribuzioni corrisposte “a periodi superiori al mese”, alla prescrizione presuntiva di tre anni di cui all'art. 2956 n. 1 c.c.
Ciò - ha continuato la Corte - nello stesso modo in cui il credito al trattamento di fine rapporto, così come il diritto all’indennità sostitutiva del licenziamento, sono assoggettati esclusivamente alla prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948 n. 5 c.c. e non anche alla prescrizione presuntiva.
Il chiarimento è stato reso dalla Corte di cassazione nell'ambito di un giudizio instaurato da un lavoratore contro la decisione di rigetto della sua domanda di ammissione, al passivo fallimentare della società datrice, del credito dallo stesso vantato in virtù del rapporto di lavoro intercorso con quest'ultima.
Il tribunale, infatti, aveva respinto la sua opposizione allo stato passivo senza considerare che la norma dettata dall’art. 2955 c.c. non si applicava, come sopra precisato, alle pretese azionate, come le differenze sulle tredicesime e sulle quattordicesime mensilità, l’indennità per ferie non godute, l’indennità sostitutiva del preavviso di licenziamento e il trattamento di fine rapporto.
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