La decisione ai sensi dell’art. 131 bis c.p.- dunque la non punibilità per particolare tenuità del fatto – esonera l’imputato dal pagamento delle spese sostenute dalla parte civile.
Difatti, solo le sentenza di condanna e quindi di accertamento della responsabilità penale, di fissazione di una pena e di condanna per la responsabilità civile, legittimano la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese di parte civile.
Orbene, la pronuncia del giudice ex art. 131 bis c.p. non rientra nel novero delle suindicate sentenze di condanna, poiché, anche se accerta il reato, dispone tuttavia il proscioglimento dal medesimo per la sussistenza della causa di non punibilità.
Nell'ordinamento processuale penale si rinviene una sola eccezione alla regola della permanenza delle statuizioni civili, che deve intendersi di stretta interpretazione; ossia quando, in caso di proscioglimento per amnistia o prescrizione del reato, il giudice dell’impugnazione deve, in presenza di una condanna nel grado precedente, decidere sulle statuizioni civili.
Analoga norma non è stata invece redatta per il caso di specie, ossia di pronuncia ex art. 131 bis c.p.
Ne deriva dunque che, allo stato della legislazione, in caso di particolare tenuità del fatto, i diritti del danneggiato potranno trovare adeguata tutela solo nel procedimento instaurato dinanzi al giudice civile, analogamente a quanto avviene in ipotesi di abolitio criminis.
E’ tutto quanto enunciato dalla Corte di Cassazione, quinta sezione penale, con sentenza n. 6347 del 10 febbraio 2017, accogliendo il ricorso di un imputato per minaccia, condannato alla rifusione delle spese di parte civile, pur essendo stato prosciolto per speciale tenuità dell’offesa.
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