A seguito di quesito pervenuto dall’Associazione religiosa Istituti socio sanitari, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la risposta all’interpello n. 12 dell’11 aprile 2016, ha chiarito che l’art. 23, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015, si riferisce a contratti a termine che abbiano ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività di ricerca.
Stante quanto sopra non è possibile estendere il regime derogatorio al limite percentuale di contratti a termine stipulabili, a contratti aventi ad oggetto attività operative collegate al progetto di ricerca.
Inoltre, l’art. 21, comma 1 del medesimo Decreto Legislativo, prevede che il termine del contratto a tempo determinato possa essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale dello stesso sia inferiore a trentasei mesi, e, comunque, per un massimo di cinque volte nell'arco di trentasei mesi a prescindere dal numero dei contratti.
A tal proposito, è stato evidenziato che tale previsione del Legislatore va interpretata nel senso di ritenere sempre possibile la proroga del contratto a termine avente ad oggetto attività di ricerca anche quando la sua durata iniziale sia, in quanto legato alla durata del progetto di ricerca, superiore a 36 mesi.
Tuttavia, l’interpello n. 12/2016 specifica che eventuali proroghe di un contratto a tempo determinato avente ad oggetto attività di ricerca, devono intervenire entro il limite dei 36 mesi, fermo restando che l’ultima proroga potrà determinare una durata complessiva superiore ai 36 mesi in quanto commisurata alla durata del progetto di ricerca.
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