La nuova tariffa sui rifiuti (cosiddetta TIA 2) ha natura corrispettiva e se applicata dai Comuni, con proprio regolamento, ha anche natura privatistica tale da legittimare l’applicazione dell’Iva sulle bollette.
A stabilirlo la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 16332 del 21 giugno 2018, con la quale è stato accolto il ricorso della società di Riscossione che era stata condannata a rimborsare l'Iva al cittadino.
Fin dall’introduzione della TIA1 (tariffa di igiene ambientale), in sostituzione della precedente TARSU, si è sempre discusso in dottrina sulla natura tributaria o privatistica della tariffa.
Ad una prima conclusione è giunta la Corte Costituzionale (sentenza n. 238/2009), che aveva riconosciuto che, relativamente alla TIA1, dietro al nome di “Tariffa” si celava un tributo, per cui era illegittima l’applicazione dell’Iva, non potendosi applicare un’imposta su una tassa.
Diversa, invece, è la conclusione a cui giunge la Suprema Corte di Cassazione con riferimento alla successiva tariffa integrata ambientale, cosiddetta TIA2.
Del resto, come già specificato dalla legge che la regola (Dlgs 152/2006, articolo 238), relativamente a questa nuova tariffa si fa esplicito riferimento ai “corrispettivi” dovuti per lo svolgimento del servizio di raccolta rifiuti, collegando così espressamente la TIA2 al concetto di prestazioni di servizi resi a fronte di corrispettivi, che secondo quanto previsto dall’articolo 3 del DPR 633/1972 devono essere assoggettati ad Iva.
Dunque, il pagamento della TIA2 è obbligatorio per chiunque produca rifiuti nei Comuni che la applicano; inoltre, se la suddetta Tariffa è stata, come nel caso di specie, adottata in concreto dal Comune con proprio regolamento, esercitando la facoltà concessagli, a decorrere dal 30/6/2010, dall'art. 5, comma 2-quater, del Decreto legge n. 208/2008, è legittima l'imposizione e riscossione dell'Iva sulle relative fatture.
A definire la natura della TIA 2 è stato il successivo articolo14, comma 33 del DL 78/2010, con il quale il legislatore, interpretando autenticamente il suddetto articolo 238 del DLgs. 152/2006, ha stabilito che la TIA2 non ha natura tributaria, ma ha natura privatistica, ed è pertanto soggetta a Iva ai sensi degli artt. 1, 3, 4, co. II e III del Dpr 633/1972.
Dunque è ormai pacifico il passaggio dalla TIA1, che aveva natura tributaria e quindi non sconta l’Iva, alla nuova TIA 2 che ha, invece, natura di corrispettivo ed è soggetta all’Imposta.
Secondo quanto sostenuto dalla Cassazione nell’ordinanza 16332/2018, dunque, le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del Decreto legge n. 78/2010, rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.
Pertanto, la TIA1 applicata fino al 30 giugno 2010 ha natura tributaria e non è soggetta ad Iva, mentre, per il periodo successivo a tale data, se il Comune ha in concreto attuato la TIA2 con proprio regolamento, trovandosi in presenza di TIA2 si applica la relativa disciplina con conseguente sua assoggettabilità ad Iva.
Invece, se il Comune ha deciso per mantenere la TIA1 in precedenza adottata, alla stessa continua ad applicarsi la normativa di riferimento secondo l’interpretazione della Corte Costituzionale e della consolidata giurisprudenza di legittimità (art. 49 DLgs. n. 22/1997) per cui trattandosi di tributo non si applica l’Iva.
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