La protezione che la normativa sul Superbonus edilizio 110 % accorda ai crediti d'imposta generati dalla cessione del diritto del committente alla detrazione fiscale è limitata al solo settore tributario e non si estende a quello penale.
Con sentenza n. 28064 del 12 luglio 2024, la Corte di cassazione, Seconda sezione penale, ha confermato il sequestro preventivo impeditivo con il quale il Giudice per le indagini preliminari aveva vincolato dei crediti d'imposta ceduti ad una banca da due società, i cui amministratori erano indagati per truffa ai danni dello Stato.
La banca aveva contestato la decisione di sequestro, sostenendo che misura cautelare irrogata violava l'art. 121, comma 6, del Decreto Legge n. 34/2020, che tutela i cessionari dei crediti d'imposta derivanti dal Superbonus edilizio.
La Corte di cassazione ha respinto il ricorso.
La Cassazione, in primo luogo, ha chiarito che la protezione offerta dall'art. 121 - secondo cui "i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto" - si applica solo in ambito tributario e non penale.
Sul punto, gli Ermellini hanno richiamato i principi già affermati dalla giurisprudenza di legittimità.
Il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca ma diretto ad impedire l'aggravamento delle conseguenze del reato implica l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore.
Di conseguenza, possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo estraneo all'illecito e in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire pericolo di aggravamento o di protezione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti.
E ancora. Sono suscettibili di apprensione i crediti dei terzi cessionari di cui all'articolo 121, comma 1, lettera b) Dl n. 34 del 2020, posto che gli stessi, derivando dal diritto alla detrazione d'imposta spettante al committente delle opere, costituiscono cose pertinenti al reato.
Non rileva, in tale contesto, la condizione soggettiva dei terzi, in conformità alle norme processuali penalistiche che non risultano derogate dalla disciplina in oggetto.
Nel confermare tali approdi interpretativi, la Corte di cassazione ha precisato - come anticipato - che la protezione che l'articolo 121, comma 4, del Decreto legge n. 34 del 2020 accorda ai crediti generati dalla cessione del diritto del committente alla detrazione fiscale è limitata al solo settore tributario ma non si estende a quello penale.
La protezione in questione è stata prevista al fine di incentivare le opere edilizie, nell'ottica di rilancio dell'economia nazionale prostrata dalle conseguenze della pandemia.
Tale protezione non impedisce che i crediti d'imposta generati illecitamente attraverso frodi allo Stato e alle banche siano vincolati con sequestri penali.
Invero, nei casi in cui le agevolazioni tributarie - ovvero la detrazione fiscale spettante al committente, e convertita in credito d'imposta cedibile - siano state ottenute con modalità fraudolente, il diritto alla detrazione è inesistente, sicché non sussiste alcun credito cedibile mancando il suo presupposto costitutivo.
Essendo inesistente il diritto alla detrazione, quindi, è inesistente anche il suo correlato cartolare, che non può né circolare né essere compensato.
La conferma della limitazione della protezione all'area tributaria, del resto, si rinviene dalla stessa normativa di settore.
Né su tale interpretazione può incidere la incostante interpretazione offerta dalle circolari dell'Agenzia delle entrate.
La circolare interpretativa, infatti, è un atto interno alla pubblica amministrazione che si risolve in un mero ausilio interpretativo e non esplica alcun effetto vincolante non solo per il giudice penale ma anche per gli stessi destinatari poiché non può comunque porsi in contrasto con l'evidenza del dato normativo.
Sulla natura ed efficacia delle circolari la Corte ha ricordato che si sono pronunciate le Sezioni Unite civili evidenziando, proprio con riferimento a quelle interpretative in materia tributaria, la loro natura di atti interni alla pubblica amministrazione che esprimono un parere non vincolante per il contribuente, per gli uffici, per la stessa autorità di emanazione e per il giudice (Cassazione SU n. 23031/2007).
Tanto chiarito, è stato rilevato che le banche, monetizzando il credito, ne ricavano un profitto, dato che i crediti vengono ceduti ad un valore inferiore rispetto al valore nominale.
Ciò determina un utile in capo alla cessionaria che acquista il credito di imposta ad un valore notevolmente inferiore rispetto a quello nominale del credito ceduto realizzando così un ipotetico utile sui crediti acquistati.
Tale meccanismo impone il massimo rigore nella valutazione della condotta dei cessionari che - se in buona fede - sono essi stesse vittime dell'attività decettiva.
La cessione fraudolenta del credito, che danneggia direttamente i cessionari, può concorrere con la condotta fraudolenta consumata ai danni dello Stato, e da essa si distingue.
E' possibile infatti che i cessionari in buona fede siano stati tratti autonomamente in inganno circa la sussistenza del credito da detrazione, che potrebbero avere acquistato non avendo la consapevolezza che si tratta di un titolo vuoto e, dunque, inutilizzabile.
In conclusione, si ritiene che le frodi generali dall'abuso delle agevolazioni fiscali previste dalla normativa sul cosiddetto superbonus possono, in astratto, essere dirette sia nei confronti degli istituti di credito che dello Stato, con condotte concorrenti, e che le stesse generano un profitto identificabile sia nel denaro derivante dalla monetizzazione del credito che nella proiezione cartolare di tale credito ceduto alle banche.
In tale contesto, sia il credito d'imposta che il suo correlato nummario - ovvero il denaro generato dalla sua liquidazione - costituiscono il profitto della truffa, in quanto sono stati direttamente generati dalla condotta illecita e, come tali, possono essere oggetto:
In questo quadro, la buona fede degli istituti di crediti cessionari e del tutto irrilevante quando il sequestro cautelare è impeditivo.
Rileva, invece, nel caso in cui il sequestro sia funzionale a garantire la confisca, dato che, in previsione della possibile definitività del vincolo, è necessario verificare se la banca è vittima della frode, dunque titolare di un diritto alla restituzione, o se, essendo concorrente nel reato, è esposta ad ablazione definitiva.
Ebbene, nel caso in esame, era stato disposto il sequestro cautelare impeditivo dei crediti generati della truffa sicché non emergeva alcun profilo di illegittimità del vincolo che era del tutto indipendente dalla verifica della buona fede del cessionario ricorrente.
Da qui il definitivo rigetto del ricorso della banca.
Questi i punti principali della decisione della Cassazione:
Limitazione della Protezione Tributaria: La protezione prevista dall'art. 121, comma 4, del Decreto Legge n. 34/2020 per i crediti d'imposta ceduti non si estende al settore penale. Ciò significa che i crediti d'imposta possono essere sequestrati nell'ambito di procedimenti penali se ottenuti con frodi.
Sequestro Preventivo Impeditivo: La Corte ha confermato che il sequestro preventivo può essere applicato anche ai crediti ceduti a terzi, inclusi gli istituti di credito, se esiste un collegamento tra il reato e i beni oggetto del sequestro. Questo tipo di sequestro è volto a prevenire l'aggravamento delle conseguenze del reato.
Inesistenza del Credito in Caso di Frode: Quando i crediti d'imposta sono ottenuti fraudolentemente, il diritto alla detrazione è inesistente. Di conseguenza, i crediti d'imposta risultanti non possono circolare né essere compensati, poiché mancano del loro presupposto costitutivo.
Buona Fede dei Cessionari: La buona fede degli istituti di credito che acquistano i crediti d'imposta è irrilevante nel caso di sequestri preventivi impeditivi. Tuttavia, essa può essere considerata nei sequestri finalizzati alla confisca, dove è necessario valutare se la banca sia vittima della frode o concorrente nel reato.
Distinzione tra Frode ai Danni dello Stato e delle Banche: La Corte ha riconosciuto che le frodi possono colpire sia lo Stato che gli istituti di credito, con condotte concorrenti. I crediti d'imposta e il denaro derivante dalla loro monetizzazione costituiscono il profitto della truffa e sono suscettibili di sequestro.
Sintesi del Caso | La Corte di Cassazione ha confermato il sequestro preventivo di crediti d'imposta ceduti a una banca da due società i cui amministratori erano indagati per truffa ai danni dello Stato. |
Questione Dibattuta | Se la protezione offerta dall'art. 121, comma 6, del Decreto Legge n. 34/2020, che tutela i cessionari dei crediti d'imposta derivanti dal Superbonus edilizio, si estende anche ai sequestri penali. |
Soluzione della Corte di Cassazione | La protezione dell'art. 121 si applica solo in ambito tributario e non penale. I crediti d'imposta possono essere sequestrati in procedimenti penali se ottenuti fraudolentemente. |
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