La caratteristica fondamentale dell’incriminazione per stalking è la reiterazione delle condotte e non il singolo episodio che, pur potendo, in ipotesi, integrare in sé un autonomo reato, va letto nell’ambito delle complessive attività persecutorie.
Così, l’invio di messaggi minatori e insulti tramite Facebook può essere considerato alla stregua di una delle citate attività persecutorie nel caso tale condotta sia accompagnata anche da pedinamenti e appostamenti sotto casa delle vittime, e ciò abbia limitato, di fatto, la vita di relazione di queste ultime nonché ingenerato in loro un grave stato d’ansia e il fondato timore per la loro stessa incolumità.
E’ quanto evidenziato dai giudici di Cassazione con sentenza n. 21407 del 23 maggio 2016 in risposta alla doglianza sollevata da un uomo, condannato in sede di merito per il predetto reato, secondo cui i messaggi pubblicati sul social network avrebbero, al più, potuto integrare il meno grave reato di diffamazione.
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