In materia di sanzioni amministrative per violazione della normativa antiriciclaggio, il potere di valutare le segnalazioni e (se ritenute fondate) di trasmetterle al questore, spetta solo al titolare dell’attività, ossia, nella specie, all’organo direttivo della banca. Mentre il “responsabile della dipendenza” deve segnalare al suo superiore ogni operazione che lo induca a ritenere che l’oggetto di essa possa provenire da reati attinenti al riciclaggio. Per cui i direttori di banca, oltre che una colpa per omesso controllo sui dipendenti, hanno, in tal caso, anche una responsabilità diretta.
Cosicché, nel caso in cui sia stata omessa – come nella specie – la segnalazione di spostamenti di ingenti somme di denaro (anche per operazioni non particolarmente sospette), i vertici di filiale saranno tenuti a pagare sanzioni amministrative in proprio ed in solido con l’istituto di credito.
Sulla scorta di ciò, la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, ha confermato la sanzione amministrativa pecuniaria irrogata al direttore di una filiale di banca, in quanto, a seguito di accertamenti del Nucleo di Polizia tributaria, veniva constatata la periodica emissione, da parte di una società correntista, di assegni bancari per ingenti importi (poco sotto la soglia di allerta di 20 mila euro). Avverso l’ordinanza ingiunzione, il direttore proponeva ricorso.
Ma la Cassazione - con sentenza n. 25735 del 30 ottobre 2017 - ne ha ribadito la responsabilità, ripercorrendo l’iter argomentativo dei giudici di merito, secondo i quali, in presenza di un comportamento evasivo tanto evidente e sistematico - che indubbiamente denotava la conoscenza, da parte cliente correntista, della normativa in materia e la precisa finalità di evitare la segnalazione ex art. 3 Legge n. 197/1991 - la Banca (ed il direttore di filiale) avrebbe dovuto diligentemente riversare sulle autorità competenti il compito di verificare le ragioni di una così pervicace ed oggettivamente sospetta condotta.
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