Autoriciclaggio in capo all’esecutore testamentario che trasferisce denaro a società estera di trading senza apporre una causale. Da annullare il sequestro disposto nell’indagine per riciclaggio in caso di motivazione insufficiente sul fumus del delitto presupposto.
Ultime due decisioni della Corte di cassazione in tema di autoriciclaggio e riciclaggio e relativa configurabilità ai fini dell'applicazione del sequestro preventivo.
Con sentenza n. 21404 del 31 maggio 2021, gli Ermellini hanno definitivamente confermato il decreto di sequestro preventivo dei saldi attivi dei conti correnti riferibili ad un esecutore testamentario, indagato per il delitto di autoriciclaggio e appropriazione indebita, nonché a una terza persona, intestataria del conto dove erano state depositate somme ritenute riconducibili al primo.
La Seconda sezione penale ha rigettato le doglianze prospettate da entrambi gli indagati che lamentavano, tra gli altri motivi, la violazione di legge in relazione alla configurabilità del reato di autoriciclaggio.
Sul punto, la Suprema corte ha ritenuto corretta la lettura operata dai giudici di merito circa la sussistenza del fumus del delitto in esame, in forza della ricostruzione operata.
Nel caso in esame, non si era trattato al mero trasferimento di somme da un conto corrente di mero deposito ad un altro sempre intestato all’esecutore e di eguale natura.
Il trasferimento risultava avvenuto in favore di una società estera di trading con conto appoggiato su banca estera e in assenza sia di una causale sottostante al movimento della somma di denaro (il bonifico effettuato era privo di causale) sia dei necessari contratti che sovraintendono alle operazioni che la società di trading dovrà compiere.
La Cassazione ha quindi ricordato come tali tipi di società abbiano come scopo quello di far girare il denaro a titolo di investimento e che il coinvolgimento delle stesse profili uno scenario infinito di possibilità “tipicamente idonee a rendere concretamente più difficile l’identificazione della provenienza delittuosa”.
Da qui l’affermazione della correttezza dell’applicazione, da parte del Tribunale del riesame, della disposizione di cui all’art. 648-ter c.p., la quale non esclude che le operazioni di ostacolo possano essere riferibili allo stesso soggetto, qualora ci si trovi davanti a una filiera di carattere “dinamico”, concretamente idonea a rendere, nel prosieguo della successione delle operazioni, più difficile l’identificazione della provenienza illecita del denaro.
Nel confermare la misura reale applicata, i giudici di Piazza Cavour hanno ricordato il principio secondo cui, ai fini dell’integrazione del reato di autoriciclaggio, non occorre che l’agente ponga in essere una condotta di impiego, sostituzione o trasferimento del denaro, beni o altre utilità che comporti un assoluto impedimento alla identificazione della provenienza delittuosa degli stessi, essendo, al contrario, sufficiente una qualunque attività, concretamente idonea anche solo ad ostacolare gli accertamenti sulla loro provenienza.
Anche la seconda decisione in esame – n. 20990 del 27 maggio 2021 – è stata pronunciata in riferimento ad un sequestro preventivo disposto nei confronti dei beni di tre soggetti, indagati di autoriciclaggio e dichiarazione infedele.
In questo caso, però, sono state accolte le doglianze promosse dai ricorrenti in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti con riguardo a entrambe le ipotesi delittuose loro ascritte.
La Suprema corte ha in particolare ritenuto ravvisabile, nella decisione confermativa della misura, una motivazione insufficiente.
E’ stato in proposito ricordato come il fumus per l'adozione di un sequestro preventivo, pur non dovendo integrare i gravi indizi di colpevolezza, necessiti comunque dell'esistenza di concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, i quali, pur tenendo conto della fase processuale iniziale, consentano di ricondurre l'evento punito dalla norma penale alla condotta dell'indagato.
Nel caso in esame, la motivazione del provvedimento impugnato difettava dell'indicazione degli elementi di fatto idonei a sussumere la vicenda nell'ambito del delitto presupposto di dichiarazione infedele.
Ciò posto, la mancanza di motivazione sul fumus del predetto delitto riverberava i suoi effetti anche sul reato di cui all'art. 648 ter.1 c.p., che postula l'esistenza del reato presupposto.
Inoltre, per come già sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, “il mero possesso di un'ingente somma di denaro non può giustificare, in assenza di qualsiasi riscontro investigativo circa l'esistenza o meno di un delitto presupposto (o anche solo l'esistenza di relazioni con ambienti criminali, ovvero la precedente commissione di fatti di reato, o l'avvenuto compimento di operazioni di investimento comunque di natura illecita), l'elevazione di un'imputazione di riciclaggio”.
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