E’ possibile, nell’ambito delle società di persone, omettere la fase di liquidazione, per come dettagliatamente procedimentalizzata dalle norme di cui agli articoli 2275 e seguenti del Codice civile?
A questo quesito ha inteso rispondere lo studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 203-2018/I, approvato dalla Commissione Studi d’Impresa il 13 settembre 2018 e intitolato “Società di persone - il regime legale conseguente al prodursi della causa di scioglimento e le condizioni per l'omissione della fase di liquidazione”.
Nell’elaborato viene, in primo luogo, compiuto un inquadramento delle singole cause di scioglimento previste dalla legge per tali società e la relativa operatività, nonché delle regole che disciplinano la fase di liquidazione.
A seguire, gli autori svolgono una disamina sugli interessi tutelati dalla disciplina di riferimento, indagando sullo spazio di autonomia concesso ai soci che intendano derogare al procedimento legale di liquidazione, nonché sulla natura del consenso che gli stessi sono chiamati ad esprimere.
Dopo questi passaggi, lo Studio si sofferma sulla questione sull’ammissibilità dell’omissione del procedimento legale di liquidazione.
In merito, viene osservato che il dato letterale delle disposizioni di riferimento si limiti a prospettare la possibilità di prevedere un particolare modo di liquidazione del patrimonio sociale, ma non la possibilità di omettere detta liquidazione: “è questo” – sottolineano i notai – “l'ambito in cui si esplica l’autonomia negoziale dei soci”.
In particolare, viene ritenuto ammissibile, per le dette società, che si deroghi alla fase della liquidazione secondo quello che è il procedimento legale di liquidazione, aderendo ad una liquidazione convenzionale anche se – viene precisato – a tal fine è necessario il consenso negoziale di tutti i soci.
Questo “se non altro per riconoscere la valenza organizzativa della gestione liquidativa operata dagli amministratori pur in assenza di una delle cause di scioglimento, in funzione dell’interesse generale alla trasparenza e certezza delle vicende societarie, nonché dell’interesse dei soci alla miglior realizzazione del loro investimento mediante il disinvestimento”.
E’ la disposizione di cui all’articolo 2275 c.c. a consentire una deroga al procedimento legale di liquidazione, anche se esclusivamente in presenza di una previsione, in tal senso, contenuta nell’atto costitutivo ovvero in un successivo accordo di modifica dei patti sociali.
Ogni socio dispone, infatti, del diritto riconoscutogli dall’art. 2282 c.c. sul residuo attivo di liquidazione e il proprio consenso – viene evideziato nell’elaborato - non può in alcun modo essere sostituito da un provvedimento giurisdizionale, né del Tribunale adito ai sensi dell’art. 2272 c.c. per l’accertamento dell’esistenza di una causa di scioglimento della società, né del Tribunale investito ai sensi dell’art. 2275 c.c. della nomina dei liquidatori in caso di disaccordo dei soci.
Il consenso dei soci, inoltre, non può nemmeno essere surrogato da un provvedimento amministrativo di cancellazione d’ufficio della società dal Registro delle Imprese.
In definitiva, per i notai, è sempre necessaria la predisposizione di un apposito atto mediante il quale tutti i soci della società di persone:
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