Equo compenso per i professionisti, tutele del personale dipendente e CCNL applicabile dalle stazioni appaltanti, misure per le micro, piccole e medie imprese, revisione prezzi, premi e penali, qualificazione delle stazioni appaltanti.
Sono queste le principali aree di intervento dello schema di decreto legislativo di revisione del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36) approvato, in esame preliminare, dal Consiglio dei Ministri del 21 ottobre 2024.
A più di un anno di efficacia, il nuovo Codice appalti è ora oggetto di restyling, finalizzato a dare voce e soluzione alle innumerevoli questioni aperte emerse in fase applicativa e illustrate, all’esito della consultazione pubblica dei mesi scorsi, dal Ministro delle Infrastrutture e trasporti a rappresentanti di associazioni di categoria, sindacati, enti e istituzioni interessati il 24 settembre 2024.
Il decreto dovrà ora essere sottoposto al parere delle Camere.
Lo schema di decreto legislativo licenziato dal Consiglio dei Ministri ha il dichiarato scopo di “razionalizzare e semplificare” la disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici, efficace a decorrere dal 1° luglio 2023.
Il Governo intende dare voce alle esigenze rappresentate dagli stakeholder di settore e in sede europea, in linea con gli obiettivi del PNRR di riforma del quadro legislativo in materia di appalti pubblici e concessioni (1.10 - Riforma del quadro legislativo in materia di appalti pubblici e concessioni).
Veniamo ora alle misure. Il decreto correttivo coordina le disposizioni della legge 21 aprile 2023, n. 49 con il nuovo Codice appalti. Come?
Prima di concentrarsi sulle soluzioni adottate, soffermiamoci sulla criticità oggetto di intervento.
Uno dei temi prioritari di intervento dello schema di decreto legislativo approvato è l’equo compenso per il professionista (legge 21 aprile 2023, n. 49), in particolare, come anticipato, il suo coordinamento con le norme del Codice degli appalti pubblici (D.Lgs. 36/2023).
L’ANAC, con atto del Presidente del 19 aprile 2024 all’indirizzo del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministro dell’Economia e delle Finanze, aveva evidenziato la rilevanza della questione e la necessità di una tempestiva soluzione.
In particolare, l’Autorità nazionale Anticorruzione, nell’affrontare le problematiche applicative del nuovo codice dei contratti pubblici in materia di servizi di ingegneria e architettura, aveva chiarito che i due ambiti normativi (codice dei contratti pubblici e legge n. 49/2023) dovessero essere “adeguatamente coordinati tra loro, accedendo ad una soluzione interpretativa che eviti l’insorgere di contrasti”
Aggiungeva l’ANAC, che “nel definire il rapporto esistente tra i due sistemi, occorre infatti considerare che la Legge n. 49/2023, sebbene successiva al Codice, non ha derogato espressamente allo stesso, ai sensi del relativo art. 227, e pertanto la stessa si applica ai contratti pubblici nell’ambito della relativa disciplina. D’altra parte, lo stesso art. 3, co. 3 della Legge n. 49/2023 stabilisce che non sono nulle le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che riproducono disposizioni o attuano principi europei.”
Ma “la previsione di tariffe minime non soggette a ribasso”, sottolinea, “rischia di porsi in contrasto con il diritto euro-unitario, che impone di tutelare la concorrenza”.
Infine, chiosava l'Autorità, “la legge n. 49/2023 è applicabile ai rapporti professionali aventi ad oggetto prestazioni d'opera intellettuale di cui all'art. 2230 del Codice civile (contratto d'opera caratterizzato dall'elemento personale nell’ambito di un lavoro autonomo) e più in generale a tutti quei rapporti contrattuali caratterizzati dalla posizione dominante del committente, in cui è necessario ripristinare l’equilibrio sinallagmatico. I contratti pubblici aventi ad oggetto la prestazione di servizi di ingegneria e architettura, invece, sono normalmente riconducibili ai contratti di appalto ex articolo 1655 del Codice civile, con cui una parte assume l’organizzazione dei mezzi necessari e la gestione a proprio rischio”.
Peraltro, nella giurisprudenza amministrativa, ai primi arresti giurisprudenziali (in particolare, TAR Veneto, sez. III, 3 aprile 2024, n. 632 e TAR Lazio, sez. V, 30 aprile 2024, n. 8580) favorevoli all’applicabilità della legge n. 49/2023 agli appalti pubblici, ha fatto seguito la sentenza del TAR Campania (sez. II, n. 1494/2024 del 16 luglio 2024) di segno opposto.
Lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri vuole fornire una soluzione alla questione innanzi rappresentata chiarendo i termini di applicabilità della legge sull’equo compenso al settore dei contratti pubblici nell’ottica di un bilanciamento tra gli interessi.
Si introducono pertanto specifici criteri per l'affidamento dei contratti relativi ai servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro.
I corrispettivi, determinati secondo le modalità di cui al cosiddetto “decreto parametri”, sono utilizzati dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti ai fini dell'individuazione dell'importo da porre a base di gara, comprensivo dei compensi, nonché degli oneri e delle spese accessori, fissi e variabili.
Le stazioni appaltanti procedono all'aggiudicazione dei contratti di appalto pubblici sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, nel rispetto dei seguenti criteri:
Viene poi previsto che all'affidamento dei contratti di servizi di ingegneria e architettura si applichino le disposizioni sulla verifica delle offerte anomale, con esclusione automatica dalla procedura competitiva delle proposte non coerenti con i principi dell'equo compenso.
Inoltre, si prevede che, per i contratti dei servizi di ingegneria e di architettura di importo inferiore a 140.000 euro, oggetto di affidamento diretto, i corrispettivi (determinati secondo le modalità previste nel relativo allegato al Codice) possano essere ridotti in percentuale non superiore al 20%.
Un altro tema centrale è l’individuazione, nel bando di gara, del contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione.
L’articolo 11 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 prevede che al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni venga applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente.
Secondo quanto previsto dall’articolo 57, comma 1, tale principio generale non si applica ai contratti di servizi aventi natura intellettuale (per i quali vige del principio dell’equo compenso di cui alla legge n. 49 del 2023, di cui prima) e alle forniture senza posa in opera.
L’ANAC, richiamando le indicazioni fornite dall’INL (circolare n. 2 del 28 luglio 2020) ha fornito i criteri da seguire per la valutazione dell’equivalenza economica dei contratti sotto il profilo delle tutele economiche e normative, nella relazione illustrativa al Bando tipo n. 1/2023.
Il nuovo schema di decreto, al fine di orientare l’operato delle stazioni appaltanti e degli enti concedenti sia rispetto al contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione da individuare nel bando, sia rispetto alla verifica di equipollenza dei contratti, introduce un nuovo allegato.
Tale allegato, fa presente il comunicato stampa di fine seduta, stabilisce i criteri e le modalità per l’individuazione del contratto collettivo di lavoro applicabile e per la presentazione e la verifica della dichiarazione di equivalenza delle tutele.
Scorrendo infine le altre novità si segnalano:
Infine si prevede che i consorzi stabili possano utilizzare i requisiti delle singole consorziate anche se non esecutrici. Sono previsti nuovi obblighi di indicazione dei consorziati partecipanti e viene vietata la partecipazione a più di un consorzio stabile.
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