Si è tenuto a Roma, il 25 settembre 2017, presso la sede amministrativa del Consiglio nazionale forense, il Seminario intitolato “Proposte applicative delle delibere del Csm in tema di esame preliminare degli atti introduttivi delle impugnazioni e tecniche di redazione dei provvedimenti”.
L’incontro tra i massimi esponenti dell’Avvocatura e della Magistratura – che ha visto la presenza di molti presidenti delle Corti d’Appello – si è ispirato all’esigenza, molto sentita, di ridurre l’arretrato, pur salvaguardando il principio del contraddittorio. Al centro del dibattito, il c.d. ufficio del processo e l’esame preliminare degli atti introduttivi, distinto a sua volta in due categorie: l’analisi delle sopravvenienze e l’analisi delle pendenze. Analisi e tecniche diverse, inoltre, a seconda che si tratti del penale o del civile ed, ancora, a seconda che si tratti di Corti e distretti più o meno grandi.
Pur avendo particolarmente a cuore l’efficienza – spiega nel corso del dibattito il Consigliere Cnf Andrea Pasqualin – l’Avvocatura rammenta che “l’esame preliminare non deve comprimere il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio”. Così è importante che, all’interno dell’ufficio del processo, “le responsabilità delle decisioni siano assunte da magistrati togati, lasciando ai tirocinanti ed onorari attività di analisi e redazione delle schede dei procedimenti”.
Dito infine puntato sull’importanza della formazione, da svolgersi in sintonia tra avvocati e magistrati, con riguardo, in particolar modo, alla redazione degli atti e delle sentenza, affinché si facciano più concisi, sobri e specifici e perché ciò divenga criterio di valutazione di professionalità.
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