In tema di responsabilità dell'avvocato verso il cliente, è configurabile imperizia del professionista, allorché questi ignori o violi precise disposizioni di legge, ovvero erri nel risolvere questioni giuridiche prive di margine di opinabilità. Mentre la scelta di una determinata strategia processuale può essere foriera di responsabilità purché la sua inadeguatezza al raggiungimento del risultato perseguito dal cliente sia valutata (e motivata) dal giudice di merito "ex ante" e non "ex post", sulla base dell'esito del giudizio, restando comunque esclusa, nel caso di questioni rispetto alle quali le soluzioni dottrinali e/o giurisprudenziali presentino margini di opinabilità tali da rendere giuridicamente plausibili le scelte difensive compiute dal legale, ancorché il giudizio si sia concluso con la soccombenza del cliente.
E’ il principio rammentato dalla Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell’ambito di una controversia ove un avvocato aveva richiesto il pagamento del proprio corrispettivo per il patrocinio e l’assistenza in tre rapporti di prestazione d’opera professionale, tra cui un procedimento per convalida di sfratto. Avverso la domanda, il cliente si era opposto, adducendo la cattiva esecuzione del mandato professionale.
La Corte Suprema – con ordinanza n. 26959 del 15 novembre 2017 – ha nella specie ritenuto sussistente l’inadempimento rilevante del legale ai sensi dell’art. 2236 c.c. – con conseguente obbligo di rimborsare il cliente - per la scelta processuale, rivelatasi ab origine errata, di ricorrere al procedimento di convalida di sfratto (non applicabile al caso in questione, stante la sussistenza e validità di una clausola arbitrale).
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".