Le somme liquidate dal giudice al legale rappresentante, munito di apposita delega all’incasso, per la parte relativa alle spese legali di sua spettanza, devono essere assoggettate a ritenuta d’acconto?
E ancora, si applica la ritenuta d’acconto nelle ipotesi in cui il legale non sia distrattario, ma richieda comunque di incassare quanto liquidato in sentenza alla controparte vittoriosa, in forza di un mandato all’incasso?
L’Agenzia delle Entrate, nel testo della risoluzione n. 35/E del 15 marzo 2019, ha risposto a tale quesito, per come sollevato, con istanza di consulenza giuridica, dall’Agenzia delle Entrate Riscossione.
La ritenuta d’acconto di cui all’articolo 25 del DPR n. 600/1973 attua – si legge nella risoluzione – “l’anticipata riscossione dell’imposta dovuta dalla persona fisica che riceve il pagamento laddove, tra l’altro, il compenso percepito ha natura di reddito di lavoro autonomo”.
Per applicare la ritenuta del 20%, quindi, il sostituto è tenuto a verificare se il pagamento che il percettore del reddito riceve, sia o non sia da imputare a tale categoria di reddito.
In detto contesto, la norma non attribuisce rilevanza alla provenienza del pagamento, ossia alla circostanza che quest’ultmo sia effettuato, anziché dal soggetto a cui favore la prestazione è resa, da un terzo.
Così, “quando l'obbligazione del terzo trae origine da un rapporto diverso, ciò che rileva non è la ragione per cui il terzo esegue il pagamento, ma la ragione che costituisce fonte del credito che con il pagamento resta estinto”.
Ciò posto - ha concluso la Direzione Centrale - Persone Fisiche, Lavoratori Autonomi ed Enti non Commerciali dell’Agenzia delle Entrate - l’Ente istante sarà esonerato dall’effettuazione della ritenuta d’acconto nella sola ipotesi in cui le somme erogate al difensore della parte vittoriosa non costituiscano per quest’ultimo reddito di lavoro autonomo, ovvero qualora questi produca copia della fattura emessa, nei confronti del proprio cliente, per la prestazione professionale resa.
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