In sede penale, il difensore è legittimato ad impugnare autonomamente – senza che sia dunque necessaria apposita istanza dell’imputato – l’ordinanza di rigetto della richiesta di ammissione al gratuito patrocinio.
Le Sezioni unite penali, intervenute sul tema, hanno già avuto modo di chiarire che gli elementi caratterizzanti il procedimento per l’ammissione al patrocinio a carico dello Stato, consentono di qualificare quest’ultimo come procedimento collaterale e secondario rispetto al rapporto processuale principale, di cui è indiscutibilmente una procedura accessoria. Dal che discende che tale sub-procedimento vada necessariamente coordinato, per le fasi non specificamente disciplinate, con le disposizioni generali previste dall'ordinamento per il procedimento principale, con cui si trova in rapporto di incidentalità.
E’ stato in sostanza affermato che la posizione processuale del difensore – nel caso in cui abbia fatto istanza per il patrocinio in favore dei meno abbienti – debba regolamentarsi in base ai principi desumibili dal combinato disposto degli artt. 99, 571 e 613 c.p.p. Per cui deve in altre parole riconoscersi in capo al difensore, anche in relazione al procedimento per l’ammissione al gratuito patrocinio, una titolarità di impugnazione autonoma e parallela rispetto a quella attribuita all'imputato, esercitabile in sede di reclamo ex art. 90 D.p.r. n. 115/2002 e di presentazione di ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza di rigetto del reclamo.
E’ tutto quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, quarta sezione panale, con sentenza n. 15197 depositata il 27 marzo 2017.
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