Riforma Irpef e fiscalità internazionale: arriva il sì definitivo

Pubblicato il 19 dicembre 2023

Il Consiglio dei Ministri, che si riunirà il 19 dicembre 2023, esaminerà in via definitiva alcuni di quelli che sono i decreti attuativi del macro disegno di riforma del fisco.

Si tratta delle normative su: fiscalità internazionale e primo modulo di riforma Irpef.

Riforma Irpef

Conferma per l'anno 2024 del passaggio del modulo Irpef da quattro a tre scaglioni: il primo scaglione avrà l’aliquota del 23% per redditi fino a 28mila euro, con eliminazione dello scaglione intermedio con aliquota del 35%.

La detrazione per lavoro dipendente viene portata da 1.880 a 1.955 euro mentre, per esigenze di raccordo, la no tax area viene fissata a 8.500 euro come per i titolari di reddito di pensione.

Nell’ambito della revisione delle detrazioni fiscali, è stata introdotta, per esercitare una prima riduzione delle tax expenditure, una riduzione di 260 euro della detrazione complessivamente spettante in relazione a taluni oneri sostenuti dai contribuenti che possiedono un reddito complessivo superiore a 50.000 euro.

Circa tale norma, in sede di esame dei testi da parte delle commissioni parlamentari, era stato sollevata un’osservazione: si chiedeva di eliminare dal taglio le detrazioni per le donazioni effettuate nei confronti del non profit.

Dunque, nel decreto portato in esame definitivo dal Consiglio dei Ministri, si è tenuto conto di tale rilievo: sono state eliminate dall'elenco delle detrazioni soggette alla suddetta riduzione, le erogazioni liberali a favore delle Onlus, delle iniziative umanitarie, religiose o laiche, dei partiti politici e degli enti del terzo settore.

Conferma anche per il bonus in caso di assunzione con contratti a tempo indeterminato: c’è l'agevolazione con la maggiorazione del 20 per cento del costo del lavoro (c.d. maxideduzione del 120%). Viene però richiesto che la forza lavoro complessiva, tenendo conto anche degli occupati a tempo determinato, non deve essere inferiore a quella del 2023.

Per tale disposizione, il Governo non ha accolto le richieste di semplificazione formulate dalle commissioni parlamentari in relazione alla necessità di dover calcolare gli acconti degli esercizi successivi senza considerare gli effetti sul reddito della nuova maggiorazione del costo del lavoro.

La riforma fiscale dell’Irpef decreta anche la cessazione dell’operatività dell’Ace, dal 2024, a cui si accompagnerà una profonda rivisitazione delle agevolazioni complessivamente destinate alle imprese.

Decreto su fiscalità internazionale

Nel Consiglio dei Ministri del 19 dicembre 2023 sarà definito anche il decreto su fiscalità internazionale che si connota per contenere modifiche alla stretta sul regime degli impatriati.

Le maglie del decreto dispongono che il regime degli impatriati venga applicato ai redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo derivanti dall'esercizio di arti e professioni prodotti in Italia con un limite annuale di 600 mila euro, disponendo una riduzione al 50% del reddito imponibile ai fini Irpef dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale in Italia e nei quattro periodi d'imposta successivi.

Si precisa che il lavoratore deve essere stato fiscalmente residenti all'estero nei tre periodi d'imposta precedenti al trasferimento, e mantenere la residenza fiscale in Italia per almeno quattro anni, pena la perdita dell’agevolazione.

Ancora, tra le condizioni di accesso alla detassazione si chiede che l’attività lavorativa sia svolta nel territorio dello Stato in seguito ad un nuovo rapporto di lavoro da instaurare con un soggetto diverso dal datore presso il quale il lavoratore era impiegato all’estero prima del trasferimento. In aggiunta era stato specificato che non doveva nemmeno far parte dello stesso gruppo.

Ma Camera e Senato hanno chiesto una revisione al fine di ammettere al regime agevolativo anche il lavoratore che trasferisca la propria residenza in Italia e presti l’attività lavorativa per lo stesso soggetto o lo stesso gruppo per il quale lavorava prima del trasferimento.

L’osservazione è stata accolta e viene consentito il rientro infragruppo anche se sono stati posti paletti più stringenti: sono richiesti 6 anni di residenza all'estero se il rapporto di lavoro non era stato avviato in Italia, e 7 se il rapporto di lavoro era iniziato nello Stato italiano.

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