Nel rito abbreviato condizionato, la condanna di secondo grado pronunciata in riforma dell’assoluzione non necessita, come presupposto neutralizzante il ragionevole dubbio, della rinnovazione istruttoria.
Il giudice del gravame, in ogni caso, ha comunque il potere di incrementare il compendio probatorio qualora lo ritenga nel concreto necessario.
E’ quanto si desume dalla sentenza n. 43242 del 13 ottobre 2016 della Cassazione, pronunciata a precisazione e completamento di quanto di recente enunciato dalle Sezioni unite penali con la decisione n. 27620/2016.
In quest’ultima, era stato affermato che, nel rito ordinario dibattimentale, qualora il Pm promuova appello avverso una sentenza assolutoria fondata sulla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, il giudice di appello non può riformare la decisione impugnata ed affermare la responsabilità penale dell’imputato, senza aver proceduto, anche d’ufficio, a rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado.
Ponendo l’accento sulle peculiarità del rito abbreviato, la Terza sezione penale ha evidenziato come l’accertamento cartolare, caratteristico del rito, non sia incompatibile con il superamento del principio del ragionevole dubbio.
Ossia – si legge nella decisione – un condanna “che non si è nutrita dell’oralità nell’acquisizione della sua base probatoria non confligge con la presunzione di non colpevolezza dell’articolo 27, secondo comma, della Costituzione, bensì correttamente l’affronta e la supera”.
Come affermato anche da un consistente orientamento di legittimità, dunque, nel particolare caso in cui il giudizio di primo grado si sia svolto con rito abbreviato non condizionato, il giudice di appello non è tenuto alla rinnovazione dell’istruzione.
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