Il ricorso per Cassazione che non offra elementi per modificare la giurisprudenza di legittimità, a cui la sentenza impugnata è conforme, deve essere dichiarato inammissibile e non manifestamente infondato.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, investita del seguente quesito: se in presenza della situazione ipotizzata dall'art. 360 bis comma 1 c.p.c., il ricorso per Cassazione debba essere dichiarato inammissibile o rigettato. Distinzione che non appare meramente terminologica, se solo si pensi che, ove si dovesse risolvere nel senso del rigetto, la Corte non potrebbe esimersi dall'esaminare nel merito anche un’eventuale ricorso incidentale tardivo che fosse stato proposto dalla parte controricorrente. Viceversa, la declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, produrrebbe l’inefficacia di detto ricorso incidentale tardivo.
Per rispondere al quesito suesposto – rileva la Corte Suprema – occorre partire dal dato letterale dell’art. 360 bis comma 1 c.p.c., che si esprime in termini del tutto inequivoci nel senso della inammissibilità. Le ragioni teoriche per cui, invece, la Sezione rimettente aveva optato per il rigetto del ricorso, non trovano qui accoglimento.
Non è più condivisibile, difatti, la tesi per cui l’inammissibilità del ricorso potrebbe sussistere solo in presenza di difetti attinenti alla struttura formale del ricorso medesimo o alle modalità in cui il suo contenuto è espresso, restando estranea alla inammissibilità ogni valutazione che attinga il merito.
Al contrario, il legislatore ha fatto mostra di utilizzare a più riprese la categoria dell’inammissibilità, per facilitare una decisione in limine litis, anche in presenza di ragioni di merito che risultino agevolmente percepibili e siano perciò suscettibili di un più snello iter motivazionale.
L’’art. 360 bis c.p.c. in altre parole – precisa la Corte - si configura come una “norma filtro”, perché consente di delibare rapidamente ricorsi inconsistenti, attraverso una sorta di “inammissibilità di merito” compatibile con la garanzia di cui all'art. 111 comma 7 Cost. La funzione filtro consiste nel fatto che la Corte Suprema è esonerata dall'esprimere compiutamente la sua adesione alla soluzione interpretativa accolta dall'orientamento precedente: è sufficiente, ossia, che rilevi che la pronuncia impugnata si sia adeguata alla giurisprudenza di legittimità e che il ricorrente non l’abbia criticata a sufficienza.
Per cui nel caso di specie – concludono le Sezioni Unite con sentenza n. 7155 del 21 marzo 2017 – l’unico motivo sollevato dal ricorrente deve dirsi inammissibile, non avendo egli fornito alcun elemento per mutare l’orientamento giurisprudenziale (ma solo pedisseque critiche dottrinarie, tra l’altro risalenti nel tempo).
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