In tema di riciclaggio commesso in parte all’estero, va affermata la giurisdizione italiana quando nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta, il cui oggettivo rilievo, seppur privo dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo, sia apprezzabile in modo tale da collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata nel territorio estero.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, respingendo il ricorso di un indagato avverso il disposto sequestro preventivo di alcuni suoi beni mobili ed immobili in relazione all’ipotizzato reato di riciclaggio.
Quanto al denunciato vizio di carenza di giurisdizione da parte dell’autorità giudiziaria italiana, la Corte Suprema ha evidenziato come il reato di riciclaggio si consideri radicato in Italia in ragione della ricorrenza di più elementi sintomatici, dovendosi considerare la condotta delittuosa in maniera unitaria.
Pertanto nella specie – concludono gli ermellini con sentenza n. 24401 del 13 giugno 2016 - occorre avere riguardo alla complessiva attività di ripulitura del denaro provento di evasione fiscale, tramite una società inglese comunque riconducibile all’indagato ed a cui quest’ultimo impartiva direttive dal territorio italiano
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