Retribuzioni e cumulo con pensioni. Tetto massimo consentito

Pubblicato il 27 maggio 2017

La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tar Lazio in riferimento alla Legge n. 214/2011 e n. 89/2014 (di conversione del D.l. n. 66/2014 recante Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), nonché alla Legge n. 147/2013 (Legge stabilità 2014) recante la disciplina del limite massimo sia alle retribuzioni nel settore pubblico, sia al cumulo tra retribuzioni e pensioni; scelta che si iscrive in un contesto di risorse limitate, che devono essere ripartire in maniera congrua e trasparente.

Limite 240 mila euro, scelta non irragionevole

Nel settore pubblico non è dunque precluso al legislatore dettare un limite massimo alle retribuzioni ed al cumulo pensioni/retribuzioni, a condizione che la scelta, volta a bilanciare i diversi valori di rango costituzionale coinvolti, non sia manifestamente irragionevole. E non appare irragionevole la previsione – di cui alla norma censurata - che limita i compensi nel settore pubblico alla retribuzione percepita dal Primo Presidente della magistratura (240.000,00 euro lordi annui), attuando un giusto contemperamento tra l’esigenza di razionalizzare la spesa pubblica e quella di non sacrificare indebitamente il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto.

La presente questione di legittimità costituzionalità – respinta dalla Consulta con sentenza 124 del 26 maggio 2017 – era stata sollevata dal Tar Lazio in relazione ad una complessa vicenda, ove avevano sporto ricorso alcuni magistrati della Corte dei Conti e consiglieri di Stato di nomina governativa, dubitando sulla legittimità costituzionale della Legge di stabilità 2014, che per l’appunto impediva loro di cumulare, sopra il suindicato limite, pensioni già maturate e retribuzioni per la funzione giurisdizionale svolta.

 

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