Con l'ordinanza n. 15460 del 21 giugno 2017, la Sesta Sezione della Corte di Cassazione analizza il ricorso promosso da un socio di una società contro una sentenza della CTR Lazio.
Il ricorrente lamentava dinanzi alla Suprema Corte che, nel caso specifico di accertamento del reddito da partecipazione societaria, vi era stato un difetto dei presupposti che avrebbero dovuto legittimare l’accertamento analitico induttivo ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d) del D.P.R. n. 600/1973.
In particolar modo, avverso la pronuncia della CTR il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione, evidenziando due motivi: sia un vizio di motivazione della sentenza impugnata, sia una mancata considerazione del giudicato esterno formatosi a seguito di pronuncia sul ricorso presentato dalla società di persone di cui il contribuente è socio.
La Corte di Cassazione – Ordinanza n. 15460/2017 – ha accolto il ricorso del socio della società, dopo aver riscontrato un grave vizio di motivazione.
In particolar modo i Supremi Giudici sanciscono che: nella controversia relativa all’accertamento del reddito da partecipazione societaria, qualora la difesa del socio non si fondi su eccezioni personali diverse da quelle dedotte dalla società, il giudicato formatosi nel giudizio relativo ai redditi di questa copre necessariamente non solo il vizio di nullità per mancata integrazione del contraddittorio verificatosi in quel giudizi, ma anche l’identico vizio, specularmente riscontrabile, nel giudizio relativo al socio e manifesta la sua efficacia in quest’ultimo nei limiti del “dictum” sull’unico accertamento.
Inoltre,la sentenza impugnata avrebbe dovuto anche verificare se l’accertamento ai fini IRPEF nei confronti del socio – che pare, secondo la decisione impugnata, tenesse conto anche del maggior imponibile accertato induttivamente nei confronti di altra società della quale egualmente il socio ricorrente detiene una partecipazione societaria – fosse basato unicamente su studi di settore.
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