La Suprema corte ha respinto il ricorso promosso da Cassa Forense contro la statuizione con cui la Corte d’appello di Perugia aveva dichiarato l’illegittimità della sanzione amministrativa pecuniaria irrogata dall’Ente di previdenza ad un avvocato, per omessa comunicazione dei redditi professionali.
Nel dettaglio, la Corte territoriale aveva ritenuto che la Cassa non potesse irrogare alcuna sanzione senza aver previamente contestato l’addebito, sulla base del procedimento di cui alla Legge n. 689/1981, e che nessuna rilevanza poteva avere, ex adverso, l’avvenuta adozione, da parte dell’Ente previdenziale, di una diversa regolamentazione della materia delle sanzioni.
Tale disciplina, infatti, di rango secondario, non avrebbe potuto derogare alla fonte normativa primaria di cui alla legge richiamata.
La Corte di cassazione, con sentenza n. 17702 del 25 agosto 2020, ha respinto l’eccezione sollevata dalla Cassa concernente l’inapplicabilità della Legge n. 689/1981 alla sanzione amministrativa oggetto del giudizio.
Il Collegio di legittimità ha infatti ritenuto che, non essendo stato autonomamente disciplinato, da parte dell’art. 18, Legge n. 576/1980, il modo di applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista per l’omessa o infedele comunicazione, dovevano al riguardo essere osservate le norme imperative relative ad accertamento e contestazione della violazione di cui agli artt. 13 e 14 della Legge n. 689.
Inoltre, poiché nella vicenda di specie era stata accertata l’omessa preventiva contestazione dell’addebito, tale omissione – a norma dell’art. 14, ultimo comma, della menzionata legge – comportava l’estinzione della sanzione.
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