Costituisce falso in atto pubblico il comportamento di chi attesta falsamente al dipendente della banca, delegato all’incasso della somma versata a titolo di imposta, di essere stato autorizzato a dedurre dal proprio debito fiscale il corrispettivo credito di altro soggetto.
Lo ha affermato la Corte di cassazione con sentenza n. 18803 del 2 maggio 2018, rilevando come l’orientamento giurisprudenziale in materia sia quello di considerare il modello F24, presentato per il versamento di imposte presso gli sportelli delle banche, atto pubblico.
Infatti tale modello, compilato dal cittadino e completato dagli impiegati delle banche, costituisce un’attestazione del pagamento delle imposte ed anche la prova documentale dell’adempimento dell’obbligazione tributaria, con efficacia liberatoria del contribuente.
Ciò si evince anche dal Dlgs 241/1997, disciplinante le modalità di versamento delle imposte mediante delega, da cui si deduce che l’Amministrazione finanziaria delega agli istituti bancari il compito di incassare le somme dovute, attribuendo sia alla banca sia agli impiegati che seguono l’operazione, gli stessi poteri di attestazione dei suoi dipendenti. Quindi, l’atto di versamento e di ricevuta rilasciato ha pari efficacia di quello formato dai funzionari pubblici e prova il pagamento.
Ne discende che il falso attestato all’impiegato della banca rappresenta il reato di falso in atto pubblico.
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