Non viola il principio devolutivo né il divieto di reformatio in peius la sentenza di appello che accolga la richiesta di provvisionale proposta per la prima volta in quel giudizio dalla parte civile non appellante.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, Sezioni Unite penali, respingendo il ricorso di un imputato per reati sessuali, avverso la pronuncia della Corte territoriale, che aveva rideterminato la pena principale e disposto, in favore della parte civile, una provvisionale immediatamente esecutiva.
In divieto di reformatio in peius, così come recepito dal vigente codice di rito – secondo la Corte Suprema – costituisce un limite legale esterno imposto al potere cognitivo del giudice d’appello, che involge le sole statuizioni penali della sentenza, sulla base di specifiche scelte compiute dal legislatore, la cui portata non può essere estesa, in via interpretativa, ad ipotesi diverse da quelle disciplinate.
Ne consegue che il potere decisorio del giudice d’appello, rispetto alle statuizioni civili, non risulta attinto da tale regola limitativa; di talché il divieto di reformatio in peius non viene in rilievo nell’ambito delle valutazioni conducenti alla modifica della somma liquidata a titolo di provvisionale dal primo giudice e neppure rispetto alla richiesta di provvisionale, come in tal caso, formulata per la prima volta dalla parte civile non appellante, nel giudizio di secondo grado.
La richiesta di provvisionale in questione – concludono le Sezioni Unite con sentenza n. 53153 del 15 dicembre 2016 – supera oltretutto le preclusioni discendenti dalla clausola rebus sic stantibus, giacché la proposizione della richiesta, per la prima volta nel giudizio di appello, discendeva da sopravvenute difficoltà economiche incontrate dalla vittima del reato.
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