Il provvedimento di improcedibilità dell'istanza di interpello emesso dalla direzione regionale dell’Agenzia delle entrate non è impugnabile, in quanto con esso l'amministrazione non manifesta il proprio convincimento sul merito della richiesta.
Si tratta di provvedimento non "definitivo", ma solo "interlocutorio".
E’ sulla base di questo principio, già enunciato nella sentenza di Cassazione n. 5843/2012, che la Suprema corte ha cassato, senza rinvio, una decisione di merito impugnata dall’amministrazione finanziaria.
La CTR, in particolare, aveva affermato l’impugnabilità del provvedimento di diniego opposto dalla Direzione Regionale di competenza all’interpello con cui una società contribuente aveva chiesto la disapplicazione di una legge antielusiva; questo, sull’assunto che si trattava di un atto definitivo emanato in sede amministrativa e recettizio, con immediata rilevanza esterna, da qualificarsi come una ipotesi di diniego di agevolazione.
Gli Ermellini, con ordinanza n. 26977 del 26 novembre 2020, hanno accolto la doglianza con cui l’Agenzia delle Entrate aveva contestato tali conclusioni, deducendo una violazione e falsa applicazione dell'articolo 19 del D. Lgs. n. 546/1992: tra gli atti impugnabili ai sensi di tale ultima disposizione non rientrava il provvedimento di improcedibilità della richiesta di interpello, in carenza dei requisiti minimi della istanza.
Ciò posto, la decisione impugnata è stata cassata, senza rinvio, proprio sull’assunto che il provvedimento di "improcedibilità" della istanza di interpello emesso dalla DRE, non poteva essere impugnato, avendo solo natura interlocutoria e non "definitiva".
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