Il protrarsi del vizio dell’alcoolismo, da parte del marito, accompagnato dal rifiuto di sottoporsi alle cure, giustifica l’addebito della separazione dalla moglie.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, respingendo il ricorso di un uomo, che aveva aderito alla domanda di separazione della moglie, ma si era opposto a quella di addebito e di riconoscimento di un assegno di mantenimento per la donna.
Secondo la Corte Suprema – aderendo a quanto già dedotto dai giudici di secondo grado – il protrarsi nel tempo dell’alcoolismo ed il rifiuto di sottoporsi alle cure necessarie, costituisce la causa dell’intollerabilità della convivenza (dunque giustifica l’addebito) per lo stress psicologico che la dipendenza da alcool provoca nelle persone conviventi, per la tendenza all'aggravamento dello stato di dipendenza e le conseguenze sulla salute fisica e mentale, nonché per il grave deterioramento delle relazioni personali, specie quelle più strette, che ne deriva.
Nel caso di specie, dunque, la Corte – con sentenza n. 26883 del 22 dicembre 2016 - ha ritenuto il comportamento del ricorrente contrario ai doveri coniugali di assistenza morale e materiale, nonché di collaborazione nell'interesse della famiglia. Ha altresì evidenziato l’impatto fortemente negativo di tale comportamento sull’affectio coniugalis, tale da provocare una crisi irreversibile del matrimonio. Mentre, viceversa, il ricorrente non ha dedotto alcun fatto tale da consentire di smentire la sua responsabilità o dimostrare la non riconducibilità della crisi coniugale – che ha poi portato alla separazione – alla sua protratta condizione di dipendenza dall'alcool.
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