Professionisti, esclusa la deduzione della casa a uso promiscuo

Pubblicato il 05 dicembre 2019

I professionisti che svolgono l’attività professionale presso la propria abitazione, quindi in un immobile adibito a uso promiscuo, possono dedurre il 50% della rendita o del canone di locazione? A rispondere all’interrogativo ci hanno pensato i giudici di legittimità, con l’ordinanza n. 31621 del 4 dicembre 2019. Gli ermellini, in particolare, hanno respinto il ricorso di un avvocato che intendeva porre in deduzione, come previsto dall’art. 54, co. 3 del Dpr. n. 917/1986 (cd. "Tuir"), i costi per la casa adibita a uso promiscuo.

La decisione è scaturita dalla circostanza che il professionista disponeva anche di altro immobile, adibito esclusivamente all’uso professionale e non a quello abitativo, a nulla rilevando che alcuni locali fossero locati ad altri professionisti.

Professionisti, deduzione immobili al 50%

L’art. 54, co. 3 del Dpr. n. 917/1986 prevede espressamente che “per gli immobili utilizzati promiscuamente, a condizione che il contribuente non disponga nel medesimo comune di altro immobile adibito esclusivamente all'esercizio dell'arte o professione, è deducibile una somma pari al 50 per cento della rendita ovvero, in caso di immobili acquisiti mediante locazione, anche finanziaria, un importo pari al 50 per cento del relativo canone”.

Nella stessa misura, inoltre, sono deducibili le spese per i servizi relativi a tali immobili, nonché quelle relative all'ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione degli immobili utilizzati, che per le loro caratteristiche non sono imputabili ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono.

Professionisti, niente deduzione anche se l’altro immobile è in parte locato

Il punto sul quale si concentrano maggiormente gli ermellini è l'avverbio “esclusivamente”, contenuto nella norma in esame, che deve leggersi in contrapposizione all’avverbio “promiscuamente”. In altri termini, i giudici cassazionisti riconoscono una deduzione pari al 50% della rendita catastale nei soli casi in cui il professionista utilizza un bene immobile promiscuamente per l'esercizio dell'attività dell'impresa e per il proprio uso personale o familiare, subordinandola alla condizione che egli non disponga di un altro immobile nello stesso comune, ove svolga esclusivamente l'attività professionale.

Dunque, l’intenzione della Suprema Corte è quella di evitare che, in presenza di un immobile già utilizzato per fini professionali, il contribuente possa dedursi i costi relativi ad un secondo immobile ubicato nello stesso comune ancorché adibito ad uso promiscuo.

Infine, ricordano i giudici, in sede di accertamento delle imposte sui redditi grava sull'amministrazione finanziaria dimostrare l'esistenza dei fatti costitutivi della maggiore pretesa tributaria azionata, mediante la dimostrazione di elementi e circostanze rivelatori dell'esistenza di un maggiore imponibile.

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