Prestazioni di trasporto per esportazioni di beni, esenzione IVA anche con carnet TIR

Pubblicato il 09 novembre 2018

La Corte di Giustizia Ue con la sentenza dell’8 novembre 2018, relativa alla causa C-495/17, è intervenuta a dirimere una controversia in merito al rifiuto delle autorità tributarie di uno Stato membro di esentare dall’Imposta sul valore aggiunto varie operazioni di trasporto realizzate per l’esportazione di beni a destinazione di paesi terzi.

Nello specifico, la Corte Ue si è pronunciata sulla corretta interpretazione dell’articolo 146, paragrafo 1, lettera e), della Direttiva IVA, concernente il regime probatorio ai fini dell'applicazione dell'esenzione delle prestazioni di trasporto direttamente connesse a esportazioni di beni (ripreso nel nostro ordinamento dall’articolo 9 del Dpr n. 633/72).

Tale articolo 146 è stato valutato congiuntamente all’articolo 153, primo comma, della stessa Direttiva, secondo il quale gli Stati membri sono tenuti a esentare le prestazioni di servizi effettuate dagli intermediari che agiscono in nome e per conto di terzi qualora intervengano nelle operazioni previste, in particolare, al capo 6 del titolo IX della citata Direttiva 2006/112/CE.

Operazioni di trasporto realizzate per l’esportazione con prove alternative

Il caso analizzato è stato sollevato dai giudici romeni, che chiedevano se sia conforme alla Direttiva IVA la normativa nazionale che rifiuta l'esenzione nel caso in cui il soggetto passivo non sia in grado di dimostrare, specificamente ed esclusivamente mediante una dichiarazione doganale, l'esportazione dei beni oggetto del trasporto.

A ciò si aggiunge la richiesta – in caso di risposta negativa - se ai fini della prova delle esportazioni, possano essere presi in considerazione anche documenti alternativi alla dichiarazione doganale: per esempio un carnet TIR vidimato dalle autorità doganali dello Stato extra Ue nel quale sono stati trasportati i beni.

La mancanza dei requisiti formali non osta all’esenzione

In mancanza di una disposizione nella Direttiva IVA circa le prove che i soggetti passivi sono tenuti a fornire per beneficiare dell'esenzione - secondo la Corte di Giustizia Ue - spetta agli Stati membri regolare la materia, assicurando la corretta e semplice applicazione delle esenzioni e la prevenzione dell'evasione, nel rispetto però dei principi generali dell'ordinamento giuridico dell'Unione europea, tra cui la certezza del diritto e la proporzionalità.

Pertanto, la Direttiva indica una serie di requisiti formali che devono essere rispettati ai fini dell’esenzione, ma, allo stesso tempo, specifica che proprio in virtù del citato principio di proporzionalità, il diritto all'esenzione non può essere subordinato al rispetto di obblighi formali, senza che siano presi in considerazione i requisiti sostanziali e, in particolare, senza porsi la questione se questi ultimi siano stati soddisfatti.

Nel caso in cui i requisiti sostanziali siano stati soddisfatti, interviene il principio di neutralità a sancire che l'esenzione può essere concessa anche se determinati requisiti formali non sono stati rispettati, salvo che il soggetto passivo abbia partecipato ad una frode oppure che la violazione dei requisiti formali impedisca l'accertamento dei requisiti sostanziali.

Esenzione IVA non subordinata alla produzione della dichiarazione doganale di esportazione

Ne deriva che una prassi fiscale di uno Stato membro che nega il beneficio dell’esenzione dall’IVA per i servizi di trasporto direttamente connessi all’esportazione di beni fuori dell’Unione, per il solo fatto che il trasportatore o l’intermediario interessato non sia in grado di produrre una dichiarazione doganale di esportazione di detti beni, disattende la giurisprudenza comunitaria.

Pertanto, ai fini della valutazione dell’effettiva esportazione dei beni e, quindi, della conseguente spettanza del regime di non imponibilità IVA dell’operazione, le Autorità fiscali dei singoli Stati sono tenute ad esaminare anche l’eventuale documentazione ulteriore prodotta dal soggetto passivo, purché si tratti di documenti attendibili e sui quali non vi siano dubbi di autenticità.

Per la Corte Ue, tra tale documentazione alternativa, a cui attribuire valore probatorio, può essere fatto rientrare anche il carnet TIR.

Infatti si legge, nella sentenza depositata l’8 novembre 2018, “quando una siffatta prestazione di trasporto è effettuata accompagnata da un carnet TIR, quest’ultimo, in assenza di motivi specifici che consentano di dubitare dell’autenticità o dell’attendibilità di tale carnet e dei suoi elementi, può acquistare un rilievo del tutto particolare nel contesto specifico del riconoscimento di un diritto a esenzione riguardante detta prestazione di trasporto”.

Le autorità tributarie devono, pertanto, tener debitamente conto di questo documento, al pari di tutti gli altri elementi in loro possesso.

Analogamente, le stesse devono esaminare il complesso degli elementi di cui dispongono per stabilire se sia dimostrato che i beni siano stati esportati, mentre non possono dedurre che l’esportazione non sia avvenuta per il semplice fatto che il trasportatore non sia in grado di fornire la dichiarazione dell'esportazione.

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