L’imputato deve avere la facoltà di accedere al patteggiamento anche relativamente al reato concorrente emerso durante il dibattimento e che formi oggetto di nuova contestazione.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale, con sentenza n. 82 dell’11 aprile 2019, dichiarando l’illegittimità costituzionale parziale dell’articolo 517 del Codice di procedura penale (Reato concorrente e circostanze aggravanti risultanti dal dibattimento), nella parte in cui non prevede, appunto, la possibilità di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena, a norma dell’articolo 444 cod. proc. pen., relativamente al reato concorrente emerso nel corso del dibattimento e oggetto di nuova contestazione.
La questione di legittimità era stata sollevata dal Tribunale di Alessandria, che aveva censurato la disposizione in esame per asserito contrasto con gli articoli 3 e 24, secondo comma, della Costituzione.
Per il giudice rimettente, in particolare, la preclusione a fruire dei vantaggi connessi al patteggiamento, in ipotesi di reato concorrente emerso nel corso del dibattimento ed oggetto di contestazione suppletiva, si traduceva “in una compressione dei diritti di difesa non addebitabile ad alcuna colpevole inerzia, né giustificabile alla stregua di un prevedibile sviluppo dibattimentale il cui rischio sia stato consapevolmente assunto dall’imputato”.
Inoltre, veniva posta in essere una disparità di trattamento fra l’imputato, al quale fin dall’inizio erano stati contestati tutti gli addebiti, con possibilità di optare per un rito alternativo, e l’imputato che invece – per carenza di indagini o altra causa – si era visto elevare un’imputazione incompleta, e che, a seguito della istruzione dibattimentale, aveva subito la imputazione di un reato, senza poter più fruire di un rito alternativo.
La Consulta ha ritenuto fondati detti rilievi, evidenziando come l’istituto delle nuove contestazioni dibattimentali si ponga in possibile frizione col diritto di difesa e con le opzioni relative ai riti alternativi.
Difatti, per effetto delle nuove contestazioni elevate dal pubblico ministero nel corso del dibattimento, l’imputato potrebbe trovarsi a dover fronteggiare un’accusa in ordine alla quale sarebbe suo interesse chiedere i riti o meccanismi alternativi; ma tali opportunità gli sono normativamente precluse, essendo ormai decorsi i termini utili per le relative richieste.
I giudici costituzionali, nelle loro conclusioni, hanno richiamato anche quanto già affermato con la sentenza n. 184/2014, di declaratoria di illegittimità del medesimo art. 517 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevedeva la facoltà per l’imputato di chiedere il patteggiamento in ipotesi di contestazione “patologica” di una circostanza aggravante.
Anche in questo caso, la ratio decidendi è identica, tanto da far ritenere “che la medesima facoltà debba essere riconosciuta anche in rapporto ad una contestazione “fisiologica” di un reato connesso”.
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