Con una corposa e attesa circolare, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le prime istruzioni operative per la definizione agevolata delle liti pendenti in cui è parte l’Agenzia stessa.
Il documento di prassi n. 6 del 1° aprile 2019, firmato dal direttore Antonino Maggiore, parte dall’analizzare l’istituto introdotto dall’articolo 6 del Decreto legge n. 119/2018, che prevede appunto la definizione agevolata delle controversie tributarie “in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio”, nelle quali “il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore” dello stesso decreto, ossia entro il 24 ottobre 2018.
Il successivo articolo 7 prevede, per le società o associazioni sportive dilettantistiche iscritte al 31 dicembre 2017 nel registro del Coni, un’analoga opportunità, con una modulazione delle somme dovute differente rispetto a quella prevista dal suddetto articolo 6.
Grazie alle citate disposizioni, dunque, si offre ai contribuenti l’occasione di chiudere le vertenze fiscali attraverso il pagamento di determinati importi correlati al valore della controversia.
Specifica l’Agenzia che: “per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste”.
Inoltre, si ricorda anche che la definizione agevolata, così come delineata dal Decreto legge n. 119/2018, presenta rilevanti differenze rispetto alla pregressa definizione agevolata delle controversie pendenti prevista dal DL n. 50/2017 (articolo 11), che non era limitata ai giudizi aventi ad oggetto i soli atti impositivi, ma comprendeva anche quelli concernenti gli atti di mera riscossione.
Secondo l’articolo 6, la definizione agevolata delle controversie pendenti può avvenire nei seguenti modi:
pagando una somma pari al valore della controversia qualora, alla data del 24 ottobre 2018, il ricorso in primo grado sia stato notificato all’Agenzia delle Entrate, ma non ancora depositato o trasmesso alla segreteria della Commissione tributaria provinciale, oppure il contribuente sia rimasto soccombente nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata e non ancora definitiva;
pagando il 90% del valore della controversia, in caso di ricorso pendente in primo grado per il quale il contribuente si sia costituito in giudizio alla data del 24 ottobre 2018, ma non abbia ancora ottenuto, alla stessa data, una decisione giurisdizionale non cautelare;
pagando un importo percentuale del valore della controversia diversificato in relazione allo stato del giudizio, nelle ipotesi in cui l’Agenzia delle Entrate sia risultata soccombente nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata al 24 ottobre 2018;
pagando il 5% del valore della controversia, nel caso in cui la stessa sia pendente innanzi alla Corte di Cassazione alla data del 19 dicembre 2018 e l’Agenzia delle Entrate sia risultata integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio.
La circolare agenziale ribadisce che la procedura di definizione è ammessa soltanto per le liti tributarie in cui è parte l'Agenzia delle Entrate, che hanno ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado di giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, nelle quali il ricorso sia stato notificato entro il 24 ottobre 2018, e per le quali alla data di presentazione della domanda il processo non si è concluso con pronuncia definitiva.
Per individuare le liti definibili, quindi, si deve tener conto della natura tributaria della materia oggetto di giudizio, del soggetto parte pubblica in giudizio e della tipologia di atto impugnato.
In particolare, l’Agenzia annovera nel perimetro della definizione solo le controversie “aventi ad oggetto atti impositivi”, quali:
i contenziosi sugli avvisi di accertamento;
i provvedimenti di irrogazione di sanzioni;
gli atti di recupero di crediti d'imposta indebitamente utilizzati e in generale sugli atti impositivi che recano una pretesa tributaria quantificabile.
Pertanto, non possono essere definite le liti che hanno ad oggetto:
ruoli, cartelle di pagamento e avvisi di liquidazione;
atti che non contengono una pretesa tributaria quantificata;
sanzioni per omesso o ritardato versamento;
tasse automobilistiche;
accertamenti riguardanti società di persone;
contributi e premi previdenziali e assistenziali;
dinieghi espressi o taciti di rimborso;
dinieghi di precedenti definizioni agevolate.
Nello specifico, con riferimento ai ruoli, alle cartelle di pagamento e agli avvisi di liquidazione, nella circolare in oggetto l'Agenzia effettua un'apertura, ricomprendendo espressamente nella definizione i ruoli che scaturiscono dalla rettifica di alcuni dati indicati in dichiarazione, per esempio in caso di riduzione o esclusione delle deduzioni e detrazioni non spettanti sulla base dei dati dichiarati dai contribuenti. In questa circostanza, infatti, il ruolo assolve una funzione di provvedimento impositivo, in quanto scaturisce dalla rettifica della dichiarazione.
Mentre, specifica che non possono essere definite le controversie che hanno ad oggetto i ruoli per imposte e ritenute che, sebbene indicate in dichiarazione, non sono state versate, poiché in questi casi al recupero delle imposte non versate si provvede attraverso un atto di semplice riscossione.
La definizione agevolata delle liti pendenti è subordinata alla presentazione di un’apposita domanda, da inoltrare telematicamente all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate parte in giudizio.
La domanda deve essere inviata dal contribuente interessato, entro il 31 maggio 2019, tramite il modello approvato con il provvedimento n. 39209/2019 del 18 febbraio.
La presentazione deve avvenire da chi ha proposto ricorso nel primo grado di giudizio oppure da chi gli è subentrato, ad esempio a titolo di successione.
Se con lo stesso ricorso sono stati impugnati più atti, bisogna presentare una distinta domanda per ciascuno di essi, in quanto ogni autonoma controversia va definita integralmente.
Oltre all’invio del modello di definizione agevolata, il contribuente deve pagare l'intero importo agevolato, o la prima rata in caso di rateazione per importi superiori ai mille euro. Il versamento va effettuato tramite modello F24, indicando i codici tributo istituiti con la risoluzione n. 29 del 2019.
Anche se non si deve pagare nulla, per avvalersi della definizione, si deve comunque presentare la domanda entro il 31 maggio 2019.
Gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate hanno il compito di verificare la regolarità della domanda e la ricorrenza dei presupposti richiesti dalla normativa per la validità della definizione.
L’eventuale diniego di definizione deve essere notificato al contribuente entro il 31 luglio 2020, data entro la quale gli Uffici devono completare le verifiche in ordine alla validità della definizione.
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