E' stato confermato, dalla Cassazione, il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal GIP nell'ambito di una complessa indagine per i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti e truffa aggravata ai danni dello Stato.
La misura cautelare era stata disposta sulle quote e sulle aziende di due società nonché sui crediti d'imposta nella disponibilità di queste ultime e su quelli dalle stesse ceduti, anche presso terzi cessionari.
In riferimento ai crediti d'imposta, in particolare, era stato disposto il blocco sul portale dell'Agenzia delle Entrate con corrispondente riduzione del plafond di crediti fiscali compensabili nei rispettivi cassetti fiscali.
Dopo che il Tribunale del riesame aveva rigettato l'impugnazione delle società, queste si erano rivolte alla Suprema corte deducendo motivi di identico contenuto.
Le relative doglianze sono state giudicate infondate dalla Terza sezione penale della Cassazione, pronunciatasi, nella vicenda in esame, con sentenza n. 42012 dell'8 novembre 2022.
Nel provvedimento impugnato era stato puntualmente ricostruito il meccanismo fraudolento messo in opera dagli indagati, utilizzando società a loro riferibili che, in abuso del regime delle detrazioni fiscali nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, avevano tratto profitto illecito dalla creazione e successiva cessione a terzi di crediti d'imposta inesistenti.
Secondo gli Ermellini, non potevano esservi dubbi in ordine alla sussistenza del fumus del delitto di fatturazione per operazioni inesistenti: l'emissione delle false fatture commerciali aveva avuto la funzione di simulare l'esistenza delle relative spese sostenute e creare così fittiziamente il presupposto costitutivo del diritto alla detrazione.
Nella specie, i correlati crediti d'imposta, di importo corrispondente alla fittizia detrazione, erano inesistenti nella realtà, ma esistenti sulla carta e idonei all'utilizzo fiscale. Il reato contestato era astrattamente configurabile con riferimento alle fatture e ai documenti aventi valore analogo alle fatture, emessi dagli indagati al fine di comprovare l'esecuzione dei lavori e il pagamento delle relative spese.
In tale contesto, non aveva alcuno spessore argomentativo la prospettazione difensiva avanzata dalle ricorrenti, secondo cui erano state emesse fatture in acconto rispetto alla materiale esecuzione dei lavori.
Per la Corte, la fruizione dei bonus fiscali per gli interventi edilizi è indissolubilmente vincolata all'esecuzione completa degli interventi stessi. Le agevolazioni sono infatti concesse per l'esecuzione di interventi edilizi di tal ché i suddetti interventi devono essere completati.
Per un intervento di riduzione del rischio sismico con Sismabonus - ha esemplificato la Corte - non basta ultimare le opere strutturali e collaudarle, ma occorre comunque terminare l'intervento per come dedotto nel titolo edilizio.
I giudici di legittimità, in proposito, hanno tratto alcune conclusioni:
Da tutte tali considerazioni, la Cassazione ha desunto l'infondatezza della tesi difensiva secondo cui, come detto, erano state emesse fatture in acconto rispetto alla materiale esecuzione dei lavori in quanto consentito per legge.
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