La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46390 del 9 ottobre 2017, ha respinto il ricorso di un imprenditore campano accusato di omesso versamento delle ritenute previdenziali.
Nel ricorrere in Cassazione, l'imprenditore motivava le sue doglianze richiedendo che, anche ai fini del sequestro preventivo, si potessero produrre in giudizio, oltre al modello 770, anche le certificazioni dell'Inps.
Per disporre il sequestro preventivo relativo al reato di omesso versamento di ritenute previdenziali è necessaria una prova della colpevolezza dell'imputato, che può essere desunta anche dal modello di dichiarazione 770 trasmesso dal datore di lavoro all'Inps; ciò anche dopo la riforma del sistema sanzionatorio, attuata con il Decreto legislativo n. 158 del 24 settembre 2015. Al contrario, invece, le certificazioni rilasciate dall'Istituto nazionale di previdenza sono necessarie ai fini della condanna.
La sentenza n. 46390/2017 della Terza sezione penale della Suprema Corte è stata chiara sul punto specificando che:
“in tema di omesso versamento di ritenute certificate, se per i fatti antecedenti alla modifica apportata dall'art. 7 del dlgs 24 settembre 2015, n. 158, all'art. 10-bis del dlgs 10 marzo 2000, n. 74, è richiesta per un giudizio di colpevolezza la prova del rilascio ai sostituti delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro, non essendo sufficiente la dichiarazione proveniente dal datore di lavoro (c.d. mod. 770), la sussistenza del «fumus commissi delitti», ai fini dell'applicazione del sequestro preventivo per equivalente, può, tuttavia, essere desunta anche dalla indicata dichiarazione o da altri elementi, purché se ne fornisca motivazione adeguata”.
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