La prova per l’omesso versamento Iva è l’oggetto di una pronuncia della Corte di cassazione.
Nella sentenza n. 38475 emessa il 17 settembre 2019, si afferma che è possibile la condanna per omesso versamento Iva anche in assenza dell’acquisizione della dichiarazione dei redditi, essendo sufficiente l’esito del controllo automatizzato effettuato dall’Agenzia delle Entrate.
Motivo principale del procedimento studiato dai giudici di cassazione è la contestazione da parte di un legale rappresentante di una società, condannato per l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, della prova della responsabilità del reato non essendo stata mai acquisita nel fascicolo processuale la dichiarazione dei redditi.
Ma i magistrati rigettano il gravame ritenendo che, ai fini dell'accertamento del reato di cui all'art. 10-ter dlgs 74/2000, non è richiesta l'acquisizione della dichiarazione fiscale o di altra prova legale.
La legge richiede solo che il giudice raggiunga la certezza, al di là del ragionevole dubbio, in ordine alla sussistenza degli elementi necessari per l’integrazione della fattispecie, e lo esplichi in una motivazione che sia immune da vizi logici o giuridici.
Nel caso concreto, la certezza della prova della presentazione della dichiarazione Iva e dell’omesso versamento per un importo superiore alla soglia stabilita, deriva dagli esiti del controllo automatizzato da parte delle Entrate, effettuati ai sensi dell'art. 54-bis, Dpr n. 633/72.
Infatti, tale norma prevede che, in base ai dati e agli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e a quelli in possesso dell'anagrafe tributaria, il Fisco esegue i controlli sulla rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti dell'imposta risultante dalla dichiarazione annuale a titolo di acconto nonché dalle liquidazioni periodiche.
Ne consegue che è certo che l’accertamento delle Entrate in ordine al mancato pagamento Iva sia fondato sull'esame della dichiarazione del contribuente.
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