La Corte d'appello di Venezia, con sentenza n. 256 del 2024, si è pronunciata sul caso specifico di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo a seguito di soppressione del posto di lavoro.
Il datore di lavoro aveva giustificato il licenziamento dalla necessità di procedere con una ristrutturazione aziendale, che aveva portato alla eliminazione delle mansioni specifiche del lavoratore, tra cui quelle legate alla gestione ambientale e alla sicurezza sul lavoro.
Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento comminatogli, sostenendo l'assenza di un giustificato motivo oggettivo.
Il dipendente, in particolare, aveva messo in discussione la validità delle ragioni addotte per la soppressione del suo ruolo, affermando:
Il Tribunale, in primo grado, aveva rigettato l'opposizione del dipendente, confermando il licenziamento per giustificato motivo oggettivo in conseguenza della soppressione della posizione lavorativa del dipendente.
Il lavoratore aveva quindi avanzato appello contro questa decisione, rimettendo all'organo giudicante la valutazione della legittimità delle motivazioni presentate dal datore di lavoro e l'interpretazione della normativa in materia di licenziamenti.
La Corte d'Appello di Venezia ha stabilito che il licenziamento del lavoratore non rispettava i criteri di "giustificato motivo oggettivo", ed era pertanto illegittimo.
In particolare, la Corte ha evidenziato carenze nell'applicazione dell'obbligo di repêchage, un requisito fondamentale che avrebbe obbligato il datore di lavoro a ricercare alternative alla cessazione del rapporto lavorativo. Questo obbligo non era stato adeguatamente perseguito, portando alla decisione di reintegrazione.
In seguito alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento, la Corte ha ordinato la reintegrazione del lavoratore e ha stabilito il pagamento di un'indennità risarcitoria. Questa indennità è stata calcolata sulla base della retribuzione globale del lavoratore, coprendo il periodo di assenza forzata.
Nella decisione, la Corte d'Appello di Venezia si è altresì pronunciata in tema di aliunde perceptum, stabilendo che il datore di lavoro, per detrarre dal risarcimento dovuto al lavoratore somme percepite altrove, deve fornire specifiche indicazioni di fatto.
Richieste generiche o esplorative non sono ammesse, e il datore di lavoro è tenuto a dimostrare specificamente l'esistenza di tali entrate.
Sintesi del Caso | Il lavoratore è stato licenziato per giustificato motivo oggettivo a seguito della soppressione del suo posto di lavoro, decisione che ha portato alla contestazione del licenziamento. |
Questione Dibattuta | Si discuteva se il licenziamento fosse realmente giustificato da un motivo oggettivo e se fosse stata rispettata la normativa, in particolare riguardo all'obbligo di repêchage. |
Soluzione della Corte d'Appello | La Corte d'Appello di Venezia ha stabilito che il licenziamento non rispettava i criteri di "giustificato motivo oggettivo" ed era pertanto illegittimo. Ha ordinato la reintegrazione del lavoratore e il pagamento di un'indennità risarcitoria. |
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