Ravvedimento operoso Istruzioni

Pubblicato il 13 ottobre 2016

Alla luce della Legge di Stabilità 2015 che ha profondamente innovato l'istituto del ravvedimento operoso, in favore della compliance fiscale, e del successivo intervento ad opera del Dlgs n. 158/2015, recante la riforma del sistema sanzionatorio tributario, l'Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 42 del 12 ottobre 2016, torna sull'argomento del ravvedimento fornendo nuovi chiarimenti e istruzioni.

Il ravvedimento operoso (articolo 13, Dlgs 472/1997) consente ai contribuenti che vi fanno ricorso di regolarizzare gli errori e le omissioni eventualmente commessi, beneficiando di una diminuzione delle sanzioni in ragione del tempo trascorso dalla commissione delle violazioni stesse.

Nella circolare 42/E/2016 vengono affrontate, in un prima parte, le sanzioni applicabili alle violazioni dichiarative e le relative modalità di ravvedimento che possono scaturirne, mentre, nella seconda parte, si forniscono chiarimenti sulle altre diverse ipotesi di ravvedimento che riguardano altre tipologie di violazioni.

Dichiarazione integrativa e dichiarazione tardiva

In primo luogo l'Amministrazione finanziaria conferma quanto riportato in precedenti documenti di prassi, ribadendo che: entro i novanta giorni decorrenti dal termine per la presentazione della dichiarazione, possono essere regolarizzate le omissioni e gli errori “commessi in dichiarazione”; le violazioni diverse da quelle commesse mediante la dichiarazione possono essere, invece, regolarizzate entro novanta giorni decorrenti dalla commissione della violazione.

Con la nuova disciplina del ravvedimento operoso, alla luce del duplice intervento del 2015 e 2016, si riafferma una distinzione concettuale (in passato superata) tra dichiarazione integrativa (modifica al contenuto di una dichiarazione tempestivamente presentata) e dichiarazione tardiva.

Pertanto, sotto il profilo sanzionatorio e del ravvedimento operoso si devono tenere concettualmente distinte:

Dunque il termine dei novanta giorni funge da spartiacque con riferimento alle violazioni dichiarative e determina le sanzioni applicabili in caso di ravvedimento.

Correzione della dichiarazione entro 90 giorni

Il principio generale è quello della validità della dichiarazione nel caso in cui alla scadenza originaria la stessa non sia stata presentata.

Lo stesso termine di 90 giorni è da intendersi come un termine “minimo” per correggere la dichiarazione sbagliata avvalendosi delle sanzioni da omesso versamento.

Pertanto, non è mai da considerare dichiarazione infedele quella che viene presentata nei 90 giorni successivi alla scadenza del termine per correggere eventuali errori commessi nella prima dichiarazione, mentre è da considerare questa ipotesi come quella configurante un ravvedimento operoso light dal punto di vista sanzionatorio.

Quindi, se nel correggere la dichiarazione entro il termine dei 90 giorni ne scaturisca una imposta o una maggiore imposta dovuta:

- la sanzione non sarà mai quella prevista per l'infedele dichiarazione (e quindi mai del 90% come misura minima) ma quella per l'omesso versamento;

- vi sarà una violazione “correlata” da sanare quale quella della irregolarità della dichiarazione stessa.

Nel documento di prassi vengono riportati, poi, degli esempi che spiegano come in caso di dichiarazione integrativa, le sanzioni cambiano a seconda che gli errori possano essere rilevati durante il controllo automatizzato o formale, oppure siano non rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale.

In caso di dichiarazione tardiva, cioè presentata entro i novanta giorni dalla scadenza, invece, si applica la sanzione fissa di 250 euro, prevista per l'omissione della dichiarazione in assenza di debito d’imposta.

Correzione della dichiarazione oltre 90 giorni

In caso di integrazione della dichiarazione oltre il termine dei novanta giorni si avrà una situazione completamente diversa: la violazione commessa sarà quella della dichiarazione infedele.

La regolarizzazione di tale infedeltà dichiarativa, sanata con la sanzione minima generalmente del 90% dell’imposta dovuta, assorbe anche quella dell'omesso versamento.

Ciò vuol dire che il ravvedimento va fatto con riferimento alla sola originaria infedeltà dichiarativa, mentre non va eseguito il ravvedimento anche per la violazione “indotta” del mancato pagamento del tributo.

Con tale precisazione l'Agenzia vuole ribadire, a favore del contribuente, che ogni volta che viene regolarizzata la violazione prodromica, quella “indotta”, relativa al versamento, non è da regolarizzare.

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