Quando la notifica dell’atto giudiziario è eseguita, ai sensi dell’art. 140 c.p.c., nel luogo indicato nell'atto da notificare, ivi si presume la dimora effettiva del destinatario. Sicché, ove questi intenda contestare la circostanza, ha l’onere di fornire la prova contraria, che di regola non può consistere nelle sole risultanze anagrafiche.
Tuttavia queste hanno una indubbia valenza presuntiva, anche tenuto conto del fatto che l’accertamento della residenza del notificando deve avere riguardo alla data della notifica dell’atto processuale della cui validità si discute.
Alla luce di ciò risulta dunque insufficiente – nell'ipotesi trattata – la motivazione della sentenza della Corte d’Appello che si è fondata sulla correttezza della notificazione dell’atto di citazione introduttivo del primo grado di giudizio, per desumere da questa la validità della notificazione della sentenza, effettuata allo stesso indirizzo dopo oltre cinque anni, malgrado risultasse che, nelle more del giudizio di primo grado, il ricorrente avesse trasferito la propria residenza anagrafica.
Inoltre, sempre in tema di notificazione degli atti giudiziari, essa non si perfeziona al momento della spedizione dell’avviso, ma, nel caso in cui la raccomandata non sia ricevuta, il termine di dieci giorni per la compiuta giacenza non è segnato dall'avvenuta consegna dall'ufficiale giudiziario all'ufficio postale, bensì dalla spedizione che l’agente postale faccia della raccomandata all’indirizzo del destinatario.
Sono questi i due principi enunciati dalla Corte di Cassazione, terza sezione civile, con sentenza n. 12521 depositata il 17 giugno 2016.
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