Non è pratica parassitaria comprare parole sul motore di ricerca
Pubblicato il 06 giugno 2011
Il Giurì di autodisciplina pubblicitaria, nella pronuncia n.
17/2011, ha escluso che l'acquisto di parole chiave all'interno di un motore di ricerca possa essere in contrasto con l'art. 13.2 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
Nei fatti è accaduto che due imprese che esercitano attività di vendita di prodotti assicurativi hanno acquistato da Google le parole chiave (chiarezza.it e www.chiarezza.it): facendo ciò, secondo un'altra società attiva nel settore dell'intermediazione assicurativa, avrebbero messo in pratica una forma di agganciamento parassitario, permettendo alle due società di trarre un ingiustificato profitto in quanto le parole chiavi acquistate evocano nome propri dei prodotti e dei servizi svolti dalla società ricorrente.
Ma il Giurì ritiene che l'acquisto di parole chiave all'interno di un motore di ricerca rientra nell'attività di "comunicazione commerciale" per la visibilità che essa offre alle aziende. Inoltre non si ravvisa sfruttamento indebito visto che le parole acquistate sono di uso comune; esclusa anche la presenza di un ingiustificato profitto, che si ravvisa solo se la differenza di visibilità viene ottenuta con metodi tali da procurare un vantaggio competitivo a parità di qualità e di prezzo.