Non contabilizzare le fatture è reato di distruzione e occultamento delle scritture

Pubblicato il 27 settembre 2019

Laddove durante un accesso ispettivo gli organi preposti al controllo non rinvengano presso il cliente la copia di un fattura, la quale non è stata di conseguenza contabilizzata ai fini fiscali, è possibile condannare il soggetto inadempiente in base al reato di distruzione e occultamento delle scritture. A nulla rileva il fatto che gli importi non contabilizzati superino o meno la soglia di punibilità.

Così hanno deciso i giudici della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 39322 del 25 settembre 2019.

Fattura non contabilizzata, conseguenze sanzionatorie

Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Brescia condannava un imprenditore a nove mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000 perché, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, l’imputato aveva occultato o, comunque distrutto, le fatture emesse. Ciò non consentiva al Fisco la ricostruzione dei redditi e del volume d’affari.

Dello stesso parere sono i giudici della Suprema Corte. Secondo gli ermellini, poiché la fattura deve essere emessa in duplice copia, il rinvenimento di uno di essi presso il terzo destinatario dell'atto può far desumere che il mancato rinvenimento dell'altra copia presso l'emittente sia conseguenza della sua distruzione o del suo occultamento.

Infatti, la conservazione delle fatture, come noto, è imposta, ai fini fiscali, dall’art. 39, co. 3, Dpr. n. 633/1972 il quale prevede espressamente che “i registri, schedari e tabulati devono essere conservati ordinatamente fino a quando non sia stato definito l'accertamento dell'imposta relativa all'anno solare cui si riferiscono e in ogni caso per non meno di cinque e non più di dieci anni successivi a quello in cui vi è stata eseguita l'ultima annotazione”.

Ne consegue, affermano i giudici di legittimità, che non è manifestamente illogico desumere dal mancato rinvenimento di detta copia la conseguenza della sua distruzione ovvero del suo occultamento.

Infine, quanto alla soglia di punibilità la Corte di Cassazione ha risposto innanzitutto che la norma di cui all'art. 10 del decreto legislativo citato non prevede alcun limite in tal senso, atteso che il legislatore ha individuato il bene giuridico tutelato nell'interesse statale alla trasparenza fiscale del contribuente. La norma penale incriminatrice sanziona l'obbligo di non sottrarre all'accertamento le scritture ed i documenti obbligatori, in tal modo anticipando la soglia di rilevanza penale alle condotte prodromiche all'evasione di imposta.

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