Il controllo di terzi, sia quello di guardie particolari giurate così come di addetti di un'agenzia investigativa, non può riguardare, in nessun caso, né l'adempimento, né l'inadempimento dell'obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera.
L'inadempimento, infatti, è riconducibile, come l'adempimento, all'attività lavorativa, che è sottratta a tale tipo di vigilanza.
L'attività investigativa tramite agenzia, in altri termini, non può riguardare l'adempimento dell'obbligazione contrattuale del lavoratore.
Tale tipo di controllo deve essere limitato agli atti illeciti non riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione contrattuale.
Sono i principi ribaditi dalla Corte di cassazione nel testo dell'ordinanza n. 22051 del 5 agosto 2024, nel richiamare l'ormai consolidato orientamento in materia.
Che l'attività investigativa dell'agenzia non può riguardare l'adempimento del lavoratore è stato puntualizzato dalla Cassazione anche con ordinanza n. 17004 del 20 giugno 2024, nell'occuparsi di un caso di licenziamento per giusta causa.
Al dipendente era stato contestato di aver svolto attività lavorativa esterna senza autorizzazione e di aver effettuato false timbrature di presenza.
La violazione era stata accertata a seguito dei controlli effettuati dalla società datrice, tramite una agenzia investigativa e con l’uso di una telecamera installata su di un’area di proprietà dell'azienda.
La Corte di Appello aveva confermato la legittimità del licenziamento, giudicando corretti sia il provvedimento di primo grado che il controllo dell'attività lavorativa effettuato tramite l'agenzia investigativa.
Secondo i giudici di secondo grado, il licenziamento era giustificato dalle condotte del dipendente, incluse le false timbrature e la mancata autorizzazione per lo svolgimento di un secondo lavoro.
Il dipendente aveva presentato ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte di Appello, articolando diversi motivi di impugnazione.
Tra i principali motivi di ricorso, aveva lamentato la violazione dell'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori per l'utilizzo di controlli audiovisivi e investigativi nonché degli artt. 2 e 3 del medesimo Statuto e delle norme sulla privacy.
La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso relativo all'utilizzo dell'agenzia investigativa.
Con tale motivo, in particolare si censurava l’affermazione in diritto, esplicitamente contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui era lecito, da parte del datore, il ricorso al controllo dell'attività lavorativa del dipendente al fine di verificare il corretto adempimento delle prestazioni lavorative cui lo stesso era tenuto.
Sul punto, la Cassazione ha richiamato quanto enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, anche richiamando la disposizione di cui all'art. 3 della Legge n. 300 del 1970.
Disposizione, quest'ultima, secondo la quale i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell'attività lavorativa devono essere comunicati ai lavoratori interessati.
Ebbene, per la Corte, tale norma non ha fatto venire meno il potere dell'imprenditore di controllare direttamente o mediante l'organizzazione gerarchica che a lui fa capo e che è conosciuta dai dipendenti, l'adempimento delle prestazioni cui costoro sono tenuti.
Il datore, quindi, ha il potere "di accertare eventuali mancanze specifiche dei dipendenti medesimi, già commesse o in corso di esecuzione: ciò indipendentemente dalle modalità con le quali sia stato compiuto il controllo il quale, attesa la particolare posizione di colui che lo effettua, può legittimamente avvenire anche occultamente, senza che vi ostino né il principio di correttezza e buona fede nell'esecuzione dei rapporti, soprattutto quando siffatta modalità trovi giustificazione nella pregressa condotta non palesemente inadempiente dei dipendenti".
Tuttavia, l’adempimento della prestazione può essere legittimamente controllato dall’imprenditore, anche occultamente, sempre che ciò avvenga “direttamente o mediante l'organizzazione gerarchica che a lui fa capo".
In ogni caso - ha puntualizzato la Corte - il controllo di terzi, sia quello di guardie particolari giurate così come di addetti di un'agenzia investigativa, non può riguardare, in nessun caso, né l'adempimento, né l'inadempimento dell'obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera.
L'inadempimento stesso, infatti, è riconducibile, come l'adempimento, all'attività lavorativa, che è sottratta alla suddetta vigilanza.
Controllo limitato agli atti illeciti
Come ricordato dalla giurisprudenza, il controllo delle agenzie investigative “deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducigli al mero inadempimento dell'obbligazione contrattuale”.
L'intervento in questione resta giustificato solo per l'avvenuta perpetrazione di illeciti e l'esigenza di verificarne il contenuto, anche laddove vi sia un sospetto o la mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione.
Ad esempio, la Corte ha rammentato che è costantemente ritenuto legittimo il controllo tramite investigatori finalizzato a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti od integrare attività fraudolente, come nel caso di controllo finalizzato all'accertamento dell'utilizzo improprio dei permessi ex Legge n. 104 da parte del dipendente.
Più in generale, anche “in presenza di un sospetto di attività illecita”, occorre rispettare la disciplina a tutela della riservatezza del lavoratore, e segnatamente dell'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU.
Va assicurato, infatti, un corretto bilanciamento "tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, con un contemperamento che non può prescindere dalle circostanze del caso concreto”.
La sentenza impugnata, in definitiva, è stata cassata e rinviata alla Corte di Appello per un nuovo esame conforme ai principi di diritto sopra richiamati.
La nuova valutazione dovrà considerare se il controllo investigativo abbia riguardato, nella specie, il corretto adempimento delle prestazioni lavorative o atti illeciti del lavoratore.
Sintesi del Caso | Un dipendente di una società ferroviaria italiana è stato licenziato per giusta causa, accusato di aver svolto attività lavorativa esterna senza autorizzazione e di aver effettuato false timbrature di presenza. La violazione è stata accertata tramite controlli effettuati da un'agenzia investigativa e con l'uso di una telecamera installata su proprietà aziendale. |
Questioni Dibattute | La legittimità dell'uso di un'agenzia investigativa da parte del datore di lavoro per controllare l'adempimento delle prestazioni lavorative del dipendente. La questione principale era se tale controllo potesse considerarsi legittimo senza violare le disposizioni dello Statuto dei Lavoratori e altre norme sulla privacy. |
Soluzione della Corte di cassazione | La Corte di Cassazione ha stabilito che l'attività investigativa tramite agenzia non può riguardare l'adempimento dell'obbligazione contrattuale del lavoratore. Tale tipo di controllo deve essere limitato agli atti illeciti non riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione contrattuale. La sentenza della Corte di Appello è stata cassata e rinviata per un nuovo esame conforme ai principi di diritto espressi. |
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