Niente finanziamento niente compenso

Pubblicato il 20 maggio 2016

Compenso professionale condizionato

La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso promosso da due professionisti, un architetto e un ingegnere, volto all’annullamento della decisione di merito con cui era stato loro negato il riconoscimento del complessivo credito vantato nei confronti di un Ente comunale, rispetto all’attività professionale svolta per la progettazione degli impianti di illuminazione della città.

In particolare, nella decisione impugnata era stata messa in evidenza, in particolare, l’esistenza di una specifica clausola ai sensi della quale il pagamento delle prestazioni era espressamente subordinato al finanziamento dell’opera, nella specie non intervenuto.

Il mancato avveramento della condizione, ossia, era stato ritenuto come ostativo all’esigibilità del compenso.

Tra gli altri addebiti, era stata dedotta anche l’inosservanza del termine previsto per il deposito degli elaborati progettuali, che aveva comportato una importante lievitazione dei costi.

Mancato avveramento condizione

Secondo i due ricorrenti, tuttavia, la corte territoriale non aveva considerato, ai fini della verifica circa l’avveramento fittizio della condizione, la condotta dell’ente locale, il quale aveva omesso qualsiasi atto finalizzato all’acquisizione dei finanziamenti ed aveva affidato la progettazione al suo Ufficio tecnico, finanziando questi ultimi progetti al posto di quelli precedentemente redatti dai liberi professionisti.

A fronte di queste doglianze, basate sull’applicazione della disposizione di cui all’articolo 1356 del Codice civile ai sensi della quale “La condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all'avveramento di essa”, la Suprema corte ha escluso che, nella specie, il mancato avveramento della condizione, ed ossia l’ottenimento del finanziamento, fosse dipeso da causa imputabile al comune.

Doveva inoltre rilevarsi – hanno precisato i giudici di legittimità - che l’affidamento dell’incarico a terzi da parte del beneficiario dell’opera in tanto rileva ai fini della cosiddetta fictio iuris in quanto avviene durante la pendenza del termine previsto per l’elaborazione del progetto affidato al professionista.

Di contro, la sua collocazione in un momento indefinito, evidentemente successivo al mancato avveramento della condizione, potrebbe costituire un mero posteriorius, ed ossia una scelta necessitata dalla constatazione dell’impossibilità della realizzazione della condizione stessa, senza rivelare – come paventato dai due professionisti – comportamenti contrari alla buona fede o la sopravvenuta carenza di interesse al riguardo.

E’ quanto si legge nel testo della sentenza di Cassazione n. 10326 del 19 maggio 2016.

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