In materia di coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, le disposizioni comunitarie non ostano ad una normativa nazionale che autorizzi un operatore economico a fare affidamento sulle capacità di uno o più soggetti terzi per soddisfare i requisiti minimi di partecipazione ad una gara d’appalto.
Inoltre, in virtù del principio di parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza riconosciuti a livello europeo, deve essere impedita l’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente.
In tali circostanze, infatti, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità vanno letti nel senso che non ostano al fatto di consentire all’operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice.
Sono queste le conclusioni rese dalla Corte di giustizia Ue nel testo della sentenza del 2 giugno 2016, pronunciata con riferimento alla causa C-27/15 e, in particolare, rispetto ad una domanda di pronuncia pregiudiziale del Consiglio di stato italiano, concernente l’interpretazione degli articoli 47 e 48 della Direttiva 2004/18/CE e dei principi del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici.
La domanda era stata, nella specie, presentata nell’ambito di una controversia tra il mandatario di un’ATI e una Srl per quanto riguarda l’esclusione di un candidato da una procedura di aggiudicazione del servizio di gestione dei rifiuti e residui del carico a bordo di navi.
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