La Corte di Cassazione, seconda sezione civile, ha confermato il divieto, per una Cooperativa, di adibire un appartamento ad asilo nido, in ossequio alla previsione del regolamento condominiale, che espressamente vieta la destinazione degli stabili ad esercizi rumorosi. E ciò facendo riscontro a quanto rilevato dalla c.t.u., per cui le immissioni provenienti dall'asilo, superavano il limite della normale tollerabilità in almeno due degli appartamenti indagati.
A nulla è valsa, in preposito, la censura della Cooperativa, che faceva appello ad un’interpretazione letterale della clausola del regolamento, nell'inciso in cui individua nella tranquillità dell’intero fabbricato (e non soltanto in una parte di esso), il limite superato il quale le attività possono ritenersi vietate.
La censura si risolve – a parere della Cassazione – in un’inammissibile questione ermeneutica, posto l’insegnamento secondo cui l’interpretazione dei contratti ed atti di autonomia privata (dunque anche del regolamento condominiale), costituisce attività riservata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione; ossia, qualora essa risulti illogica ed incongrua.
Mentre nel caso de quo – conclude la Corte con sentenza n. 24958 del 6 dicembre 2016 – l’interpretazione patrocinata dai giudici di merito è in toto inappuntabile, giacché non si prospetta in spregio ad alcun criterio ermeneutico legale e risulta sorretta da motivazione esaustiva.
Deve dunque cessare, nella specie, l’attività di asilo nido in quanto rumorosa e, dunque, vietata dal regolamento condominiale. E ciò, ancorché arrechi disturbo a soli due dei 26 condomini totali.
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