Nell'apprezzamento delle prove non può essere tralasciato alcun “tassello”

Pubblicato il 21 giugno 2010
La Corte di cassazione, Quinta sezione penale, con sentenza n. 21624 del 2010, ha accolto il ricorso presentato dal procuratore della Repubblica avverso la decisione con cui il Tribunale del riesame di Catanzaro aveva annullato la misura cautelare disposta nei confronti di un uomo degradando, altresì, il reato imputato a quest'ultimo da "partecipazione associativa" a mero "favoreggiamento".

Secondo la Procura, il giudice del riesame non aveva preso in considerazione alcuni elementi tra i quali il fatto che l'indagato fosse titolare dell'azienda agricola all'interno della quale erano state rinvenute delle armi, che lo stesso intrattenesse frequenti contatti con un noto pregiudicato e che lo stesso avesse ospitato due latitanti. Per i giudici di legittimità, “l'apprezzamento del compendio di prova esige una valutazione sinergica e non parcellizzata dei vari indizi, ciascuno dei quali, isolatamente considerato, risulterebbe vulnerato nella sua capacità dimostrativa, in quanto suscettibile di interpretazione alternativa”. In particolare – si legge nel testo della sentenza - il decidente, in tema di criminalità organizzata, non può tralasciare alcun “tassello del mosaico indiziario, valorizzando anche la cultura di cui si nutrono i sodalizi mafiosi”.
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